Ricerca, le imprese della chimica tra quelle che investono di più: effetti positivi su export, competitività e sistema Paese


In Italia la Chimica è tra i settori con la più diffusa presenza di imprese innovative (80%) e, diversamente da altri comparti, l’innovazione si basa sulla ricerca. L’industria chimica è il primo settore – dopo la farmaceutica – in termini di quota di imprese che svolgono attività di R&S (75%).

Sono alcuni delle evidenze emerse nel corso dell’incontro “Innovazione chimica” voluto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con Federchimica.

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L’incontro, tenutosi a Villa Madama (Roma), ha messo a confronto Istituzioni, associazioni, enti di ricerca ed esponenti del mondo finanziario con l’obiettivo di mettere in evidenza il ruolo strategico della chimica per la crescita e lo sviluppo del Paese come acceleratore dell’internazionalizzazione del “Made in Italy”.

“L’industria chimica in Italia rappresenta una delle colonne portanti della nostra economia – ha ricordato Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy – con un fatturato di 77 miliardi di euro e un ruolo centrale in Europa, essendo terzi per produzione dopo Germania e Francia. Intendiamo rendere questo settore sempre più competitivo, innovativo e sostenibile, puntando sulla ricerca e sull’internazionalizzazione. Questi i motori strategici che guideranno lo sviluppo futuro della chimica italiana e contribuiranno alla crescita economica e sociale del Paese”.

Ricerca, l’approccio delle aziende dell’industria chimica italiana

Nell’industria chimica la ricerca non coinvolge solo le realtà più grandi, ma anche le PMI. In ambito europeo l’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per numero di imprese chimiche attive nella ricerca, oltre 1.200.

Il confronto internazionale indica che gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione per la chimica europea e la Cina è il primo fornitore per l’Europa. In questo scenario, la Cina produce prevalentemente commodities a basso costo, mentre gli USA sono anche alla ricerca di specialità innovative.

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Secondo l’anticipazione di una indagine sul valore della ricerca chimica come moltiplicatore di internazionalizzazione e competitività, gli investimenti dell’industria chimica italiana toccano il 3,8% sui ricavi, percentuale che pone il settore ben al di là del 3% fissato dall’UE come obiettivo.

Nelle imprese ad alto valore aggiunto e specializzazione, l’investimento in R&S supera la soglia del 5%. Al tempo stesso l’81,5% delle imprese ha investito per cogliere opportunità all’estero, il 35,4% ha investito all’estero (da sola o in joint) e il 74,1% è impegnato in progetti internazionali.

La ricerca promuove la competitività nei mercati internazionali

Oltre la metà delle imprese giudica importante la ricerca per farsi strada nei mercati internazionali. Dati che ribadiscono il valore strategico dell’innovazione chimica a favore di una espansione sui mercati esteri.

La ricerca genera, infatti, competitività e apre la via verso l’estero con importanti ritorni positivi per tutto il Sistema Paese: tre quarti delle imprese hanno programmi di collaborazione internazionali confermando la propensione delle imprese alla ricerca e il contributo che la chimica in Italia offre alla presenza internazionale dell’industria italiana in generale.

“Investire in ricerca chimica significa spingere la competitività sui mercati esteri e generare ampie ricadute. Si pensi che investimenti aggiuntivi per 400 milioni di euro nella chimica ad alta specialità generano 1,6 miliardi di euro di ricadute nel settore e ben 6 miliardi di euro di effetto spillover, sull’intera economia italiana”, ha dichiarato la Vicepresidente alla ricerca di Federchimica, Ilaria Di Lorenzo.

Industria chimica, cresce l’export nonostante le sfide globali

L’export chimico italiano è cresciuto negli ultimi trent’anni e oggi vale il 4,4% del totale mondiale, con prestazioni positive anche nel confronto con Francia e Germania grazie al traino delle numerose nicchie di specializzazione nell’ambito della chimica a valle in un contesto di regole complesse e di costi elevati a cominciare dall’energia.

“Le imprese chimiche in Italia sono fortemente orientate all’export e sono protagoniste in collaborazioni internazionali grazie alla forte spinta innovativa data dal loro DNA: esportano tecnologie e competenze, consolidando la presenza internazionale del settore e contribuendo al rafforzamento del Made in Italy a livello globale”, ha commentato Francesco Buzzella, Presidente Federchimica.

“Basti pensare che l’export chimico italiano, dal 2010 al 2023, è cresciuto dell’85% (fonte: EUROSTAT) con un valore totale che ha raggiunto i 40,6 miliardi di euro, il 6,4% sul totale delle esportazioni nazionali. La domanda di prodotti innovativi e con una elevata specialità stimola le esportazioni. Contestualmente la ricerca supporta l’internazionalizzazione sviluppando materiali, prodotti, soluzioni innovative che hanno maggiore domanda sui mercati esteri, rafforzando l’intero sistema manifatturiero italiano”, ha aggiunto.

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E, secondo i dati diffusi da ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), nei primi undici mesi del 2024, l’Italia ha registrato una leggera crescita delle esportazioni nel settore chimico, con un valore complessivo di 36,7 miliardi di euro, in aumento dell’1,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il 67% della produzione chimica è destinata ad altri settori e un terzo esportato, rappresentando il 6,4% delle esportazioni totali. La filiera chimica e farmaceutica è quella con la maggiore crescita, seguita dal forte aumento dell’export dei beni di consumo, che ha visto un +10% nel 2024.

“Questo risultato riflette la competitività delle nostre imprese che continuano a conquistare i mercati internazionali, nonostante le sfide globali”, ha dichiarato Matteo Zoppas, Presidente di ICE.




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