“Una cosa è la riqualificazione degli edifici, un’altra è la rigenerazione dei territori. La riqualificazione può essere fatta con investimenti infrastrutturali, mentre la rigenerazione richiede le comunità. Senza una legge sulla rigenerazione urbana scordiamoci di poter riqualificare e rigenerare le nostre periferie, con spazi pubblici e privati costruiti più di 70 anni fa con criteri obsoleti e tecniche costruttive che prevedevano una vita media degli edifici intorno ai 70 anni”. Lo ha detto il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini durante la sua audizione del 5 marzo presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. “Ci sono progetti specifici, come la legge in discussione al Senato, ma se anche ci fosse la legge, se non rivediamo rapidamente le norme tecniche, urbanistiche e il regolamento 380 rischiamo di non riuscire a stimolare i privati in quella direzione”, ha spiegato Giovannini.
Per il direttore scientifico dell’ASviS serve “quella visione integrata necessaria per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, quel coordinamento previsto dalla Strategia nazionale di sviluppo sostenibile adottata dal governo a settembre 2023”. Ha evidenziato quindi che, fin dal 2016, l’ASviS ha sviluppato l’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile, riorganizzando i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 in base alle competenze dei comuni. “Se si vuole evitare la giustapposizione delle situazioni economiche, sociali, ambientali, il mio suggerimento è che la Commissione adotti questo modo di leggere i territori, e presenti risultati in questa prospettiva”, ha aggiunto Giovannini, ricordando che il Rapporto Territori pubblicato annualmente dall’Alleanza contiene proposte concrete in tal senso.
In merito alle politiche urbane, il direttore scientifico dell’ASviS ha evidenziato: “Esiste in Italia un ministero delle città? La risposta è: ‘No, ovviamente.’ Quando diventai ministro, qualcuno mi disse: ‘Guarda che sei tu’, ma non ero io, cioè non è il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Nell’ambito della riorganizzazione del ministero definimmo un dipartimento sulle politiche urbane, sviluppando l’agenda urbana per mobilità, infrastrutture, opere pubbliche e tutte le diverse dimensioni di competenza del ministero, in analogia a quanto fatto con ASviS. Immaginate un esercizio analogo svolto da tutti i dicasteri: il Paese disporrebbe di una lettura trasversale integrata di tutte le politiche con impatto sulle città”.
Giovannini ha poi parlato del Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu), “nato nel 2012 e andato sostanzialmente in sonno, ricostituito durante il governo Draghi con le firme delle ministre Gelmini e Carfagna, con un nuovo mandato ma che, tuttavia, non si è mai riunito. Ora abbiamo visto, con il Pnrr e la successiva revisione, che la mancanza di un luogo di coordinamento delle politiche urbane è un problema serio, che in alcuni casi si è tentato di risolvere portando le varie amministrazioni competenti su una porzione molto piccola di territori”. Sul tema della rigenerazione delle periferie, ha menzionato alcune iniziative del Pnrr tra cui il Pinqua, il Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare, che “io ho trovato già impostato dalla ministra De Micheli con pochi fondi, e al quale ne abbiamo aggiunti molti sul Pnrr. La sua impostazione, rispetto ai bandi, era straordinariamente interessante e avanzata anche sulla base dell’esperienza internazionale, perché privilegiava progetti con impatti economici, ma anche sociali e ambientali“.
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Infine, Giovanini ha commentato il sistema di governance attuale, “con competenze nazionali, regionali e comunali che non aiutano: in alcune Regioni la situazione nei comuni è molto migliore, in altre è peggiore. Gli strumenti devono avere una certa flessibilità nel tempo, perché le tecniche costruttive evolvono e i piani urbanistici possono essere modificati in corsa”. Ha citato l’esempio del Piano strutturale di bilancio (Psb), dove non sono stanziati fondi per la direttiva “Case green” e il Regolamento sulla rigenerazione della natura. “Invito la Commissione ad analizzare a fondo quel testo, perché la strada della rigenerazione e della riqualificazione, soprattutto nelle aree periferiche a stretto contatto con la natura, non solo è l’unica possibile, ma va sostenuta”, ha concluso.
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