Chi ama l’Europa deve manifestare contro i nuovi nazionalismi


Per rispondere al progetto di Donald Trump e alle mire imperiali di Vladimir Putin non basta più suonare la sveglia all’Europa dei sonnambuli. È infatti tutto l’ordine internazionale che soffre di limiti e difetti sempre più insopportabili. Occorre chiamare in tutte le piazze d’Europa coloro che traggono concreti vantaggi dalle politiche europee e che si identificano in una lunga lista di beneficiari.

Tra questi figurano gli studenti e i docenti del programma Erasmus, simbolo dell’identità europea, e i giovani dei corpi europei di solidarietà e del servizio volontario europeo, che incarnano l’impegno dell’Europa per la pace. I consumatori, protetti dalle regole europee, e i poteri locali e regionali, sostenuti dalla politica di coesione economica, sociale e territoriale, rafforzano il tessuto del continente. Si inseriscono in questo quadro anche i sindaci delle città europee della cultura e delle città gemellate, unitamente alla rete dei Fringe Festivals e degli artisti di strada, che animano la vita culturale. Il mondo agricolo, attento al valore delle risorse naturali e alla qualità del cibo, e i ricercatori che interagiscono con il programma Horizon e la politica di ricerca dell’Unione europea, e contribuiscono allo sviluppo sostenibile. I giudici nazionali, applicando la Carta europea dei diritti fondamentali, e gli avvocati che la invocano in giudizio, garantiscono la tutela dei diritti dei cittadini. 

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Anche i promotori delle iniziative di cittadini europei e delle petizioni al Parlamento europeo, nonché coloro che hanno partecipato alla Conferenza sul futuro dell’Europa e ai panel transnazionali, rafforzano la democrazia partecipativa. Si aggiungono i beneficiari dell’azione del Mediatore europeo, i lavoratori delle imprese rese competitive dagli investimenti europei e quelli del settore digitale, protetti dagli interventi sociali, le imprese tutelate dal marchio europeo, gli abitanti delle aree protette dagli effetti del cambiamento climatico e, infine, il mondo della cultura, che si riconosce in un’identità europea condivisa.

Occorre chiamare in tutte le piazze d’Europa chi subisce le conseguenze nefaste dei costi della non-Europa dicendo loro con forza che ci sono beni pubblici che potranno essere garantiti solo da un’Unione europea più democratica e più solidale e dunque da un governo responsabile davanti al Parlamento europeo, dall’eliminazione del potere di veto, da una politica estera e della difesa comune al servizio della pace e del multilateralismo che si contrappone alle conflittualità dei nazionalismi e alla violenza nelle relazioni internazionali e da un bilancio federale dotato di vere risorse proprie che si faccia carico di beni pubblici europei quali la promozione della salute e l’accesso aperto alla conoscenza, nonché la protezione delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso uno statuto europeo del lavoro, un welfare comune e la piena attuazione della Carta europea dei diritti fondamentali – strumenti fondamentali per superare le carenze derivanti dall’assenza di una politica industriale comune che ha compromesso la competitività nel mondo globalizzato. 

Si inserisce in questo quadro anche la tutela delle popolazioni delle aree interne, a cui la politica di coesione si rivolge ancora in maniera insufficiente, e il sostegno agli agricoltori, agli imprenditori e a chi subisce gli effetti di esondazioni e deforestazioni, conseguenza dei ritardi nella convergenza ecologica, degli obiettivi di decarbonizzazione e dell’assenza di un grande piano contro i rischi climatici. È altresì necessario sviluppare politiche comuni per le lavoratrici e i lavoratori transfrontalieri, che devono far fronte a trattamenti fiscali anticoncorrenziali tra i Paesi dell’Unione, e tutelare gli immigrati legali, divenuti irregolari a causa delle lentezze e delle disparità nelle procedure sul mercato del lavoro, che generano inaccettabili discriminazioni.

Anche il sostegno agli avvocati di strada diventa essenziale, perché difendere i diritti degli ultimi significa difendere i diritti di tutti, così come la protezione dei difensori dei diritti fondamentali e delle organizzazioni della società civile che si battono per una società aperta, libera e partecipativa. Infine, è imprescindibile la difesa delle cittadine e dei cittadini che vivono in Paesi dove i principi fondamentali dello Stato di diritto vengono violati, affermando con forza l’intangibilità dei principi e dei valori della democrazia.

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Manifestazioni per l’Europa in tutti i Paesi membri sono possibili e necessarie se garantiranno un’ampia mobilitazione delle cittadine e dei cittadini europei che dia il segnale forte che la maggioranza delle opinioni pubbliche è pronta ad azioni strutturate e permanenti per ottenere dalle istituzioni europee e nazionali e dai partiti europei la difesa del patrimonio delle realizzazioni comunitarie, l’eliminazione dei costi della non-Europa e l’impegno per il progresso sociale e per una riforma dell’Unione europea secondo un progetto, un metodo e una agenda democratica costituente.

Questo segnale deve tradursi in un manifesto europeo per un’Europa libera, giusta, pacifica e democratica. Proponiamo di scegliere come slogan di queste manifestazioni: #leuropasiamonoi declinato in tutte le lingue dell’Unione europea. Noi saremo nelle piazze d’Italia e abbiamo proposto al Movimento europeo internazionale e ai suoi membri di mobilitarsi per essere attivamente presenti nelle piazze d’Europa per un’Europa libera, giusta, pacifica e democratica.

Michele Serra – prima nella sua “Amaca” intitolata “Dite qualcosa di europeo”, poi nella newsletter su Il Post e infine il 28 febbraio in un editoriale su La Repubblica con il titolo “Una piazza per l’Europa” – ha lanciato l’dea di una manifestazione per l’Europa in tutte le principali piazze europee.

La sua idea fa seguito all’appello del Movimento europeo in Italia per un «umanesimo militante» che si richiamava al messaggio che Thomas Mann rivolse agli Europei in occasione della Conferenza di Monaco nel 1938 a seguito della quale l’ignavia dei Governi francese e britannico aprì la strada alla Seconda Guerra Mondiale scatenata da Adolf Hitler e dal suo sodale Benito Mussolini.

Non è la prima volta che gli Europei si mobilitano per l’Europa, perché seicentomila cittadine e cittadini parteciparono, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, al Congresso del popolo europeo promosso da Altiero Spinelli dopo la caduta della Comunità europea di difesa e la «beffa del Mercato Comune», termine con cui Spinelli si riferì ai Trattati di Roma. Successivamente, nel giugno del 1985, centomila persone scesero in piazza a Milano, mobilitate dalla forza federalista e dalle organizzazioni sindacali, per testimoniare il loro sostegno al progetto di Trattato sull’Unione europea approvato dal Parlamento europeo il 14 febbraio 1984, una partecipazione popolare il cui obiettivo fu poi tradito dai Governi che, a quel progetto lungimirante, preferirono il più modesto Atto unico, definito da Spinelli come un «un topolino partorito da una montagna».

Molti Europei furono poi in piazza a Nizza nel dicembre del 2000 per esprimere il loro sostegno alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che rappresenta l’espressione più alta dei valori dello Stato di diritto adottata dalle istituzioni europee grazie alla determinazione delle organizzazioni rappresentative della società civile e dei lavoratori.

Manifestazioni europee per la pace e contro una guerra insensata ci furono al tempo del conflitto scatenato dagli Stati Uniti contro l’Iraq con la vecchia Europa di Francia, Germania e Benelux contraria a quella guerra e la coalizione anglo-italo-spagnola al seguito di George Bush, ma ciò non ha tuttavia creato un movimento europeo per la pace solido e strutturato nel tempo.

Limitate sono state le manifestazioni unitarie europee delle organizzazioni dei lavoratori perché significative sono le differenze fra i sindacati dell’Europa settentrionale e quelli dell’Europa meridionali, ma che oggi devono riuscire a convergere sui temi di un welfare europeo, della democrazia economica, della solidarietà intergenerazionale e di genere, ma anche dell’inclusione dei lavoratori dei Paesi terzi (i migranti economici e i richiedenti asilo) nel mondo del lavoro.

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Chiamati a raccolta da Greta Thunberg abbiamo assistito per mesi in molte piazze d’Europa alle mobilitazioni dei giovani per il futuro del pianeta nei molteplici Fridays for future. Ma essi non sono riusciti ad unire alla difesa dell’ambiente un messaggio comune per un’Europa democratica che decida e agisca, e oggi sarebbero ancora più necessari per organizzare una insurrezione contro i tentativi di demolire il Patto verde europeo.

Trump intende rovesciare l’ordine internazionale annullando il multilateralismo per sostituirlo con un bipolarismo zoppo, demolire l’Organizzazione mondiale della sanità per privilegiare gli oligopoli delle industrie farmaceutiche e la lobby dei brevetti, paralizzare il cammino verso la decarbonizzazione nella lotta al cambiamento climatico, frenare lo sviluppo del commercio internazionale, imporre gli interessi delle grandi imprese multinazionali del web e mettere in pericolo i valori della giustizia, della libertà e della democrazia. 



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