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Dazi Usa, Orsini (Confindustria): «Attingere ai fondi non utilizzati del Pnrr per aiutare le imprese colpite»


Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini.

Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha approfondito la “questione dazi” in in un’intervista al Corriere della Sera. Riportiamo alcune delle sue dichiarazioni più significative: «Attingere ai fondi non utilizzati del Piano nazionale di ripresa (Pnrr) e ai fondi di coesione per incentivare le imprese colpite dai dazi americani».

«Il rischio di delocalizzazione delle imprese verso gli Stati Uniti per evitare le barriere tariffarie ci preoccupa, i dazi possono incentivare certe scelte. Ne parlo dal mio discorso d’insediamento, prima che arrivassero i dazi: è logico che un imprenditore vada dove trova meno complicato lavorare», ha spiegato il presidente, anche se “ai nostri associati pesano più le difficoltà in Italia e in Europa che ci creiamo da soli: burocrazia, costo dell’energia, iper-regolamentazione. Per il resto in Italia c’è ancora tanta capacità di fare prodotti unici: trasferirsi negli Stati Uniti in molti casi semplicemente è impossibile. Pensi alla meccanica di precisione, alla moda, all’agrifood, all’alimentare e altri. Sono convinto che ce la potremo fare iniziando a ridurre le barriere interne».

Un nuovo piano di incentivi agli investimenti può essere una soluzione

Per le imprese danneggiate dai dazi americani la Spagna ha promesso 14 miliardi di euro perché ha meno debito e cresce più di noi, «ma dobbiamo fare un provvedimento analogo, in modo che i nostri imprenditori abbiano delle certezze e rinizino a investire”, ha sottolineato il presidente. «Ormai si è capito che il piano Industria 5.0 (6,3 miliardi di incentivi del Pnrr agli investimenti in digitale e ambiente) non funziona. È inutile che continuiamo a spingere su una misura che, se siamo fortunati, assorbirà due miliardi in tutto. Il Pnrr è stato pensato per abbattere le emissioni, ora invece l’obiettivo è salvare l’industria europea. Quindi con i soldi rimasti del Pnrr, come con quelli dei fondi di coesione — e sono davvero tanti — serve il coraggio di puntare sulle priorità attuali».

Un nuovo piano di incentivi agli investimenti può essere una soluzione, «ma non al 5% o al 10%. Almeno al 30%. E con meccanismi di credito d’imposta semplici, senza troppa burocrazia, automatici. Altrimenti tante imprese medio-piccole non seguiranno», ha spiegato il presidente di Confindustria. «L’Italia può avere il voto decisivo nel fissare delle ritorsioni severe nei confronti delle Big Tech americane, che magari scattino tra uno o due mesi se fallisce il negoziato. Per ora non ho visto proposte. Credo che lo spazio per negoziare ci sia – ha concluso Orsini – se si pensa alle forniture americane all’Europa nell’energia o nella difesa. Queste ultime ci saranno ancora indispensabili per anni, come lo sono i satelliti e le licenze software americane. Sul tema fiscale delle Big Tech si può riflettere. Ma non credo che un negoziato muscolare abbia molto senso. In questa partita quelli che hanno più da perdere sono due: Germania e Italia. Non ce lo scordiamo».



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