L’indagine della ONG Facing Finance e Urgewald rivela che migliaia di fondi europei etichettati come ESG investono in in società che promuovono attivamente progetti per aumentare la produzione di petrolio, gas e carbone, mettendo in discussione l’integrità delle pratiche di investimento sostenibile
©tomwang/123RF
4.792 fondi d’investimento europei, etichettati come ESG (Environmental, Social, and Governance), continuano a finanziare l’industria dei combustibili fossili. A scriverlo, nero su bianco, è stata l’ONG Facing Finance e Urgewald, che ha analizzato oltre 14.000 fondi europei, i quali dichiarano di perseguire obiettivi ambientali, sociali e di governance, rivelando che più di un terzo di questi ha investito complessivamente oltre 123 miliardi di euro in società che promuovono attivamente progetti per aumentare la produzione di petrolio, gas e carbone.
Le aziende di combustibili fossili più frequentemente presenti nei fondi ESG analizzati sono risultate essere TotalEnergies, Shell, ExxonMobil, Chevron, Eni e BP. In particolare, TotalEnergies avrebbe ricevuto investimenti per 8,1 miliardi di euro, espandendo il suo business in paesi come il Mozambico, dove il progetto LNG nella provincia di Cabo Delgado ha sollevato preoccupazioni riguardo alle violazioni dei diritti umani delle comunità locali.
La presenza di queste aziende nei portafogli dei fondi ESG solleva interrogativi sul valore delle etichette ESG, che sono state adottate da fondi che poi ne hanno completamente rinnegato il fine investendo in attività di ogni tipo, dai titoli di Stato russi ai combustibili fossili e, più di recente, alle armi da guerra. Giulia Dubslaff, ricercatrice presso Urgewald, ha spiegato a Bloomberg: “Le aziende che perseguono progetti di espansione dei combustibili fossili nel mezzo di una crisi climatica stanno mettendo a repentaglio il nostro futuro. La loro presenza nei fondi ESG viola il concetto stesso di sostenibilità”.
In risposta a queste pratiche, l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (ESMA) ha introdotto nuove linee guida per l’uso dei termini ESG e sostenibilità nei nomi dei fondi. Queste regole, che entreranno in vigore il 21 maggio 2025, specificano che i fondi con nomi contenenti termini come “Ambiente”, “Sostenibile” o “Impatto” dovranno escludere la maggior parte degli investimenti in combustibili fossili o cambiare denominazione. Tuttavia, si stima che solo il 43% dei fondi sarà interessato da queste nuove direttive, lasciando una significativa porzione di fondi non regolamentata.
Le nuove regole hanno suscitato reazioni contrastanti nel settore finanziario. Alcuni attori temono che tali restrizioni possano limitare la capacità delle aziende ad alta intensità di carbonio di finanziare la loro transizione verso energie rinnovabili. L’ESMA sta valutando se fornire ulteriori chiarimenti sull’applicazione pratica di queste direttive, in risposta alle preoccupazioni degli investitori riguardo alle difficoltà che queste regole potrebbero rappresentare per i settori ad alte emissioni di carbonio nel finanziare progetti di energia rinnovabile.
Nonostante le sfide, gli investitori europei mantengono un forte impegno verso gli investimenti ESG. Stéphane Boujnah, amministratore delegato di Euronext, ha osservato che, mentre a livello globale si registra un calo dei fondi ESG e una reazione negativa negli Stati Uniti, gli investitori istituzionali europei continuano a mostrare un forte interesse. Questo impegno è evidente nello sviluppo di nuovi indici ESG e nella crescente domanda di investimenti focalizzati sulla biodiversità.
La scoperta che quasi 5.000 fondi ESG europei investono in aziende di combustibili fossili evidenzia la necessità di una maggiore trasparenza e regolamentazione nel settore degli investimenti sostenibili. Le nuove linee guida dell’ESMA rappresentano un passo nella giusta direzione, ma è essenziale che vengano applicate in modo efficace per garantire che gli investitori possano fidarsi delle etichette ESG e che i loro investimenti contribuiscano realmente a un futuro sostenibile.
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