Con la sentenza del 17 marzo 2025 n. 7138 la Cassazione prende in esame il ricorso proposto da una società di revisione in opposizione a una sanzione amministrativa irrogata dalla CONSOB a seguito di irregolarità attinenti a vari aspetti della revisione del bilancio di una banca al 31 dicembre 2014, tra cui:
– la pianificazione del lavoro e la determinazione della soglia di significatività;
– le valutazioni delle attività finanziarie disponibili per la vendita, dei crediti verso la clientela e dell’avviamento;
– omissioni riguardanti operazioni sul capitale.
Con particolare riferimento al calcolo della significatività (vale a dire il limite oltre il quale si possa ragionevolmente attendere che errori, incluse le omissioni, siano in grado di influenzare le decisioni economiche prese dagli utilizzatori sulla base del bilancio), le motivazioni a sostegno della decisione adottata dalla Corte distrettuale (che aveva confermato la sanzione amministrativa) avevano evidenziato come nella quantificazione della soglia la società di revisione non avesse adeguatamente valutato elementi rilevanti quali lo status di ente di interesse pubblico della banca, la diffusione della proprietà azionaria, l’elevato livello di regolamentazione del settore e i fattori di rischio emersi all’esito di una quality review (AQR) condotta dalla Bce.
La ricorrente evidenzia come la decisione della Corte di Appello si sia basata su un’erronea applicazione dei principi di revisione di riferimento, “attribuendo loro una prescrittività inesistente”. Inoltre, osserva che:
– l’eventuale divergenza rilevata dalla CONSOB tra le procedure interne della società di revisione e le pratiche di revisione applicabili non potrebbe, comunque, configurare violazione dei principi di revisione, in quanto gli stessi non stabiliscono soglie quantitative fisse né parametri obbligatori;
– vi siano delle contraddizioni nella sentenza nel considerare come poco prudenziale la scelta da parte della società di revisione dell’elemento (patrimonio netto rettificato) e della percentuale per il calcolo della significatività;
– vi sia stata un’errata inversione dell’onere della prova con riferimento alla rilevanza dei fattori di rischio evidenziati dall’AQR.
La Cassazione ritiene i suddetti motivi come non fondati. In particolare, riprendendo stralci della sentenza di appello, evidenzia come la società di revisione non abbia adeguatamente valutato gli elementi a propria disposizione, i quali chiaramente indicavano l’opportunità di adottare un approccio maggiormente cauto con riferimento alla determinazione della soglia di significatività. In tale ambito, viene ribadito come, se da un lato il giudice non possa sostituirsi al revisore nella valutazione tecnica dei fatti, dall’altro la valutazione del giudice stesso sulla proporzionalità e ragionevolezza delle scelte effettuate dall’auditor debba essere “particolarmente penetrante”.
Tutti i fattori di rischio sopra evidenziati non risultano essere stati valorizzati né nella scelta del benchmark, risultando piuttosto l’utilizzo del patrimonio netto rettificato una scelta “neutrale” (essendo tale parametro comunamente usato nel settore bancario) né tantomeno nella scelta della percentuale, fissata dal revisore ad un valore superiore a quello mediano previsto dalla proprie procedure interne. Tali criticità si riflettono, poi, anche nella conseguente determinazione della soglia di significatività operativa (che corrisponde all’importo o agli importi stabiliti dal revisore in misura inferiore alla significatività per il bilancio nel suo complesso, al fine di ridurre ad un livello appropriatamente basso la probabilità che l’insieme degli errori non corretti e non individuati in sede di revisione superi la significatività per il bilancio nel suo complesso).
Viene sottolineato come il revisore, pur nell’ambito della propria discrezionalità tecnica, “debba supportare, in modo rigoroso e coerente con gli elementi a disposizione, le valutazioni sottostanti le decisioni assunte in relazione alle componenti del calcolo (benchmark di riferimento e percentuale di significatività), sulla base di criteri logici apprezzabili e verificabili”. Nel caso in esame, si legge nella sentenza, il revisore “non ha adeguatamente valutato gli elementi a propria disposizione, i quali chiaramente indicavano l’opportunità di adottare un approccio maggiormente cauto con riferimento alla determinazione della soglia di significatività”.
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