Industria: il 2024 “difficile” anche per l’Emilia-Romagna


Come l’industria sammarinese anche l’industria emiliano-romagnola ha risentito negativamente delle dinamiche che hanno caratterizzato nel 2024 gli scenari internazionali. La fotografia che emerge dalla presentazione dei dati della congiuntura in Emilia-Romagna da parte di Unioncamere, Confindustria e Intesa Sanpaolo è infatti molto simile a quella illustrata poche settimane fa dall’Osservatorio ANIS, a riprova di come le due realtà economiche siano già perfettamente integrate e abbiano, in gran parte, un comune mercato principale, ovvero quello unico europeo.

A livello macro, le industrie dell’Emilia-Romagna hanno registrato un calo di produzione e fatturato nell’ordine del -3% unito ad un -5% di ordini interni, mentre il fatturato estero è rimasto sostanzialmente stabile (-0,2%). A grandi linee lo stesso che hanno registrato le aziende sammarinesi. Anche i settori più colpiti sono gli stessi, ovvero (dati dell’Emilia-Romagna) la moda segna -8%) la metallurgia il -5,1%, l’industria meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto -3,9%. In controtendenza il settore del cibo e bevande (+1,8%).

In comune anche un cauto ottimismo per il 2025, anno in cui, in base a un’analisi di Prometeia, l’economia regionale dovrebbe crescere del +0,6%, allo stesso ritmo del 2024, ma l’incertezza del quadro geopolitico e i dazi potrebbero cambiare lo scenario. Anche le altre criticità sono simili a quelle rilevate dall’Osservatorio ANIS, tanto che il presidente di Unioncamere, Valerio Veronesi, ha spronato tutti – Stato ed enti pubblici in primis – a reagire con “investimenti, anche con la tempestiva rivisitazione del 5.0, abbassamento dei costi energetici, partecipazione dei giovani alla vita delle imprese, sostegno al mercato interno”. Misure condivise anche dalla presidente di Confindustria Emilia-Romagna, Annalisa Sassi.

La differenza con San Marino non è quindi sul tema degli incentivi, ma sulle dinamiche stesse che lo interessano: in Italia esistono da anni incentivi agli investimenti (sostenuti da fondi europei, ma anche dallo Stato e perfino dai privati, per esempio il Gruppo Intesa Sanpaolo – che ha curato l’indagine insieme agli altri partner – ha  siglato un accordo con Confindustria “per mettere a disposizione 200 miliardi di euro fino al 2028 per la crescita e la competitività del tessuto imprenditoriale nazionale”, come ha ricordato la direttrice regionale Emilia-Romagna e Marche, Alessandra Florio) e negli ultimi anni sono stati ampliati e resi strutturali. A San Marino, invece, gli strumenti in tal senso sono limitati e questo rafforza la richiesta di ANIS di predisporne altri, anche sulla falsariga di quelli italiani ed europei, proprio per avere maggiore competitività. Un caso su tutti è rappresentato dagli energetici, ovviamente, dove al problema interno della totale dipendenza dall’esterno per luce, acqua e gas, si somma anche l’impossibilità (di fatto c’è il monopolio statale) di approvvigionarsi liberamente sui mercati esteri.

I DATI DELL’INDUSTRIA EMILIANO-ROMAGNOLA

Secondo l’analisi appena presentata, “con l’inizio del 2024 la recessione dell’attività dell’industria regionale, avviata dalla primavera 2023, ha assunto un’intensità decisamente superiore che ha portato a chiudere l’anno con una flessione della produzione del 3,2% che è la più ampia degli ultimi dodici anni, se si eccettua il crollo pandemico del 2020 (-10,4 %). Anche il fatturato complessivo ha ceduto nella stessa misura a valori correnti (-3,1 per cento). La contrazione è stata sostenuta dall’andamento tendenziale negativo dei prezzi alla produzione industriali del manifatturiero che lo scorso anno a livello nazionale sono scesi dell’1%. Nonostante l’imprecisione del confronto, che non tiene conto della diversa composizione tra la produzione manifatturiera nazionale e quella della manifattura regionale, il dato dell’inflazione lascia supporre che in termini reali le vendite complessive dell’industria manifatturiera regionale si siano ridotte in misura leggermente inferiore. Dopo avere assunto una tendenza negativa dall’estate 2023, anche il fatturato estero ha chiuso lo scorso anno con una lieve flessione (-0,2%), nonostante un marginale recupero a fine anno. In media nel 2024 i prezzi industriali dei beni destinati all’esportazione del manifatturiero hanno avuto una flessione (-0,6%) un po’ più contenuta di quella subita dai prezzi riferiti al mercato interno. Quindi, anche se il confronto è impreciso, si può supporre che lo scorso anno le vendite sui mercati esteri della manifattura regionale possano essere anche lievissimamente aumentate in termini reali”.

RECESSIONE, MA NON UGUALE PER TUTTI I SETTORI

“La recessione vissuta dall’industria regionale ha interessato quasi tutti i settori considerati dall’indagine, con la sola eccezione dell’industria alimentare e delle bevande, ma anche ove ha colpito lo ha fatto con intensità molto diversa”. Nello specifico, “la produzione dell’industria alimentare ha continuato a crescere nel 2024 (+1,8%) e con segni di accelerazione a fine anno. Al contrario”, si legge, “la recessione è stata più pesante nelle industrie della moda che hanno subito una sorta di “decimazione” dell’attività (-8%) che, se si eccettua il crollo pandemico del 2020, costituisce il risultato peggiore dal 2009. La produzione della piccola industria del legno e del mobile ha accusato un nuovo duro colpo (-3,1%) dopo quello già subito l’anno precedente. L’industria della metallurgia e delle lavorazioni metalliche […]ha fatto registrare il secondo più rapido calo della produzione (-5,1%) tra i settori considerati dall’indagine”. “Anche l’attività produttiva dell’aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, che era riuscita a crescere leggermente anche nel 2023 (+0,8%)”, spiega il documento finale dell’indagine presentata, “ ha invertito la marcia e ha subito un arretramento sostanziale (-4%), di particolare rilievo visto il ruolo centrale per il sistema industriale regionale. Infine, dopo il pesante risultato del 2023, lo scorso anno si è chiuso con un più contenuto calo dell’attività produttiva dell’eterogeneo gruppo delle “altre industrie”, che comprende chimica, farmaceutica, plastica, gomma, ceramica e vetro (-1,2%)”.

LE PROSPETTIVE PER L’ANNO IN CORSO

“Le prospettive non sono positive per l’avvio del 2025”, si legge nel report, “in quanto il processo complessivo di acquisizione degli ordini ha avuto un andamento negativo (-2,9%), sostanzialmente analogo a quello del fatturato, e non ha potuto avvantaggiarsi di un sostegno derivante dai mercati esteri sui quali gli ordini raccolti hanno subito un contenuto arretramento (- 0,3%) anche lievemente più ampio di quello riferito al mercato interno”. Inoltre, “secondo la stima elaborata a gennaio da Prometeia (report: Scenari per le economie locali), nel 2024 la debolezza della domanda interna, la ridotta domanda estera, in particolare, per la recessione della produzione industriale in Germania hanno ridotto il valore aggiunto reale prodotto dall’industria in senso stretto regionale dell’1,4%. Nel 2025, con la lenta ripresa della domanda estera e quindi delle esportazioni, il valore aggiunto reale prodotto dall’industria in senso stretto regionale subirà solo un ulteriore lievissimo arretramento (-0,1%)”. Allo stesso modo, “sul lungo periodo, al termine dell’anno corrente, il valore aggiunto reale dell’industria risulterà superiore di solo l’8,2% rispetto a quello del 2007, ovvero al livello massimo precedente la crisi finanziaria del 2009”.

Ovviamente per gli imprenditori il pessimismo non può essere il driver della propria attività e infatti, come per il campione intervistato da ANIS, anche la presidente di Confindustria Emilia-Romagna, Annalisa Sassi, ha spiegato che “in base alle previsioni dell’associazione industriali, nel primo semestre 2025, vede un clima di moderato ottimismo nelle imprese di medio-grandi, mentre quelle piccole mostrano maggiore difficoltà”.

Clima di incertezza persistente, quindi, sia per i conflitti ancora in corso (e le conseguenze che hanno su energetici e materie prime, oltre che sulla finanza), sia per la probabile “guerra dei tassi” innescata dall’amministrazione Trump, ma anche un cauto ottimismo che (se la diplomazia internazionale farà bene il suo lavoro, ndr) l’economia possa tornare a crescere nei prossimi mesi.



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