Una sentenza della Cassazione, la numero 14287/2024, fornisce importanti indicazioni sui requisiti per potere beneficiare della pensione di reversibilità.
La pensione ai superstiti è una forma di integrazione economica erogata in seguito al decesso di un pensionato (pensione di reversibilità) oppure di un assicurato (pensione indiretta). Essa consiste nel riconoscimento, in misura percentuale, di una frazione della prestazione che il defunto percepiva o avrebbe percepito.
Alcuni dettagli sulla pensione di reversibilità
In particolare, la pensione di reversibilità rappresenta un aiuto economico originariamente introdotto a sostegno delle vedove dei lavoratori iscritti all’INPS. Nel corso degli anni, tuttavia, la platea dei beneficiari è stata ampliata attraverso specifiche disposizioni legislative, al fine di includere anche altri familiari superstiti, nonché rendere più giusti i criteri di accesso.
Calcolo
La pensione di reversibilità viene calcolata come una percentuale della pensione del dante causa, mentre quella indiretta si riconosce a condizione che l’assicurato abbia maturato:
- almeno 15 anni di anzianità contributiva e assicurativa, oppure
- 5 anni di contributi, di cui non meno di 3 nel quinquennio antecedente al decesso.
Superstiti riconosciuti dalla legge
Il beneficio può essere riconosciuto ai seguenti superstiti:
- coniuge o unito civilmente: salvo che contragga nuovo matrimonio: in questo caso, perde il diritto. In tal evenienza, gli spetta comunque un assegno per una volta pari a due annualità della quota pensionistica vigente al momento del nuovo vincolo coniugale (come previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 39/1945);
- coniuge separato;
- coniuge divorziato, il quale può beneficiare della pensione se:
- è titolare dell’assegno divorzile;
- non si è nuovamente risposato;
- l’inizio del rapporto assicurativo del defunto è antecedente alla pronuncia che ha decretato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Nel caso in cui il defunto abbia contratto un nuovo matrimonio dopo il divorzio, le percentuali spettanti al coniuge superstite e al coniuge divorziato saranno determinate con sentenza dal Tribunale;
- figli minorenni alla data del decesso;
- figli inabili al lavoro, indipendentemente dall’età, che risultavano a carico del defunto;
- figli maggiorenni studenti: in particolare, coloro che non svolgono attività lavorativa e frequentano scuole o corsi di formazione professionale equiparabili al sistema scolastico, hanno diritto fino al compimento dei 21 anni; mentre gli studenti universitari, a condizione di essere a carico del genitore al momento del decesso e non percepire redditi da lavoro, possono beneficiare della pensione fino al termine legale del corso, ma non oltre il compimento dei 26 anni.
Un soggetto è “a carico” di un altro quando sussiste una condizione di mancata autosufficienza economica e la consuetudine di convivenza con il defunto.
In assenza di coniuge e figli – o se questi non hanno diritto al beneficio – il sostegno può essere esteso:
- ai genitori del defunto, purché abbiano compiuto il 65° anno, non percepiscano una pensione diretta o indiretta e risultino a carico del lavoratore deceduto;
- in mancanza di genitori, il beneficio spetta ai fratelli celibi e alle sorelle nubili che, in aggiunta a essere inabili al lavoro e privi di altre pensioni, sono economicamente dipendenti dal defunto.
A chi spetta la pensione di reversibilità secondo la Cassazione
Una recente decisione della Cassazione (ordinanza n. 14287 del 22 maggio 2024) ha suscitato notevoli preoccupazioni riguardo ai futuri pagamenti della pensione di reversibilità. La Cassazione ha infatti chiarito che il beneficio, erogato in seguito al decesso del titolare della pensione diretta, non può essere ulteriormente distribuito ai superstiti.
La controversia in oggetto deriva dalla richiesta di una donna di ottenere il diritto alla pensione di reversibilità, avanzata a seguito della morte della madre, titolare di tale beneficio pensionistico. La ricorrente ha basato la propria domanda su due principali motivazioni:
- inabilità al lavoro: la donna ha dichiarato di essere inabile a svolgere attività lavorativa, una condizione che la colloca in una situazione di vulnerabilità economica;
- vivenza a carico della madre: la ricorrente ha sostenuto di essere a carico della madre, la quale riceveva una pensione di reversibilità dopo il decesso del marito. Secondo la sua interpretazione, questa dipendenza economica avrebbe dovuto consentirle di subentrare nel trattamento di reversibilità dopo la morte della madre.
Secondo quanto previsto dall’art. 22 della l. 903/1965, il diritto spetta esclusivamente al coniuge e ai figli – minorenni o maggiorenni se riconosciuti inabili e a carico del defunto – stabilendo che il beneficio si applica in un’unica occasione. Di conseguenza, non è possibile riconoscere una doppia attribuzione della reversibilità.
Precedenti giuridici
Tale decisione dei giudici di legittimità conferma un orientamento ben consolidato nella giurisprudenza della Cassazione.
A tal proposito, si richiama altresì l’ordinanza n. 33580/2023, con la quale la Suprema Corte aveva statuito che il figlio disabile potesse beneficiare della pensione di reversibilità solo se economicamente a carico del padre al momento del decesso.
In tale vicenda giudiziaria, la Corte d’appello di Messina, riformando il giudizio di primo grado, aveva accertato, mediante consulenza tecnica, l’impossibilità per il figlio di intraprendere qualsiasi attività lavorativa. Inoltre, era stato determinato che la prescrizione decennale non si era perfezionata grazie all’interruzione operata da una tempestiva domanda amministrativa, con conseguente condanna dell’Inps al pagamento dei ratei a partire dalla data del decesso.
Nel ricorso sottoposto alla Cassazione, l’Inps sosteneva che la verifica della condizione di dipendenza economica del figlio dal genitore non fosse stata adeguatamente effettuata e che i ratei maturati prima della presentazione della domanda amministrativa dovessero essere considerati prescritti. La Suprema Corte ha accolto entrambe le osservazioni, rilevando la mancanza di un preciso accertamento della “vivenza” del figlio a carico del padre, requisito essenziale per l’accesso al beneficio, come già evidenziato in precedenti pronunce (Cass. 9237/18). Inoltre, la Cassazione ha ravvisato una violazione dell’art. 2946 c.c. da parte della Corte d’appello, la quale ha escluso automaticamente il decorso della prescrizione, dal momento che non è stato verificato se, prima dell’atto interruttivo, fosse trascorso un periodo superiore a dieci anni.
Le conclusioni emerse dalla recente sentenza della Suprema Corte
In conclusione, con l’ordinanza 14287/2024, la Suprema Corte ha affermato chiaramente che la pensione di reversibilità non può essere considerata alla stregua di un’eredità. Ciò implica che, se il beneficiario principale decede, i suoi familiari superstiti non hanno diritto a continuare a ricevere la stessa prestazione se non soddisfano i requisiti stabiliti dalla legge. In altre parole, la pensione di reversibilità non è trasferibile a chi, pur essendo a carico del titolare, non è minorenne o studente a carico.
Questa pronuncia assume un’importanza particolare per coloro che, come nel caso esaminato dalla Cassazione, avevano fatto affidamento sulla continuità del sostegno in caso di morte del titolare, avvenuta, magari, solo pochi mesi dopo il decesso del primo beneficiario. La donna coinvolta, sebbene inabile al lavoro, non ha potuto beneficiare della pensione di reversibilità dopo la scomparsa della madre, la quale percepiva il trattamento. La situazione ha generato un acceso dibattito, ma l’INPS ha confermato la validità della normativa attuale.
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