Nel pomeriggio di martedì 22 aprile, la valle di Baisaran, poco distante dalla città di Pahalgam nella regione di Jammu-Kashmir, è stata teatro di un attacco terroristico che ha provocato almeno 26 vittime e 17 feriti (non è stata confermata le nazionalità delle vittime). A sparare sulla folla, composta principalmente da turisti – Pahalgam si trova sul percorso della Amarnath Yatra, il pellegrinaggio verso il tempio di Amarnath – sarebbe stato il Fronte di Resistenza (TRF), affiliata al gruppo pakistano Lashkar-e-Taiba (LeT), che ha rivendicato l’attacco. Il governo del Pakistan nega qualunque tipo di coinvolgimento. Alcuni analisti in India, tuttavia, affermano che le modalità di esecuzione dell’attacco fanno pensare a un collegamento con l’esercito. Pertanto, ci si potrebbe aspettare una reazione ritorsiva da parte dell’India. L’attentato è il più sanguinoso nella regione dall’attacco di Pulwama nel febbraio 2019, quando un giovane militante del gruppo pakistano Jaish-e-Mohammad (JeM) si scagliò con il proprio veicolo carico di esplosivo contro un convoglio di autobus di forze paramilitari indiane, provocando decine di vittime. Il responsabile della pianificazione dell’attacco di oggi sembra essere Saifullah Kasuri, noto anche con il nome di Khalid, un comandante in capo dei LeT. Tra gli altri sospettati coinvolti vi sono anche Asif Fauji, Suleman Shah and Abu Talha, anch’essi con nomi in codice (Moosa, Yunus and Asif), a cui si è risaliti grazie alla testimonianza dei sopravvissuti.
L’episodio terroristico è avvenuto mentre il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance è in visita ufficiale nel Paese, con in programma di incontrare il Primo Ministro Modi e discutere dei rapporti commerciali bilaterali. Dopo la notizia dell’attentato, Modi ha anticipato il rientro a Delhi dall’Arabia Saudita e ha convocato immediatamente un incontro con il Ministro degli Affari Esteri S. Jaishankar e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Ajit Doval. Sul piano esterno, Cina e Unione Europea, come anche altri attori internazionali si sono affrettati a commentare l’attacco con parole di rammarico e preoccupazione. Anche il governo di Islamabad si è detto rammaricato per le morti di turisti innocenti, pur rimarcando “l’illegalità” della presenza indiana in Kashmir.
Una regione contesa, con un passato violento che non sembra tramontare
Quello di ieri nel Kashmir sud-orientale è solo l’ultimo episodio di violenza in una lunga, che ha visto anche quattro conflitti maggiori nel 1949, 1965, 1971 e 19991947, 1965, 1971 e nel 1999. Tuttavia, attacchi diffusi e violenza legata a frange estremiste che invocano la secessione dal governo di New Delhi non si sono mai fermate. Il contesto si è inasprito con il governo di Narendra Modi: nel 2019 infatti è stato revocato lo stato di parziale autonomia al Kashmir, e la zona amministrata da Nuova Delhi è stata divisa tra le regioni di Jammu a sud-ovest e Ladakh a nord-est.
Dal 1989 ad oggi, gli attacchi hanno spesso preso di mira civili, colpendo principalmente turisti, pellegrini e minoranze etniche sul territorio. A luglio scorso un attacco ad un autobus di pellegrini a Reasi, di ritorno dal tempio di Shiv Khori, ha provocato la morte di 10 persone e il ferimento di altre 33, destino simile a quello di altri 28 fedeli, di cui sette uccisi, nel 2017 nel distretto di Anantnag, che si recavano al tempio di Aarnath. Tra il 2000 e il 2006 si sono registrate 217 morti civili in un totale di 14 episodi di violenza, che in diversi casi hanno coinvolto anche donne e bambini.
Tuttavia, gli obiettivi degli scontri sono stati anche militari. Nel passato recente abbiamo ricordato già i fatti di Pulwama di febbraio 2019, ai quali l’India rispose con un raid aereo su una base di addestramento dei JeM a Balakot in Pakistan, che avrebbe portato alla morte di oltre 300 militanti del gruppo, anche se il dato è stato contestato dalle intelligence internazionali. La portata dello scontro tra due potenze nucleari aveva preoccupato considerevolmente gli attori internazionali, anche se l’escalation non aveva poi proseguito oltre. Nel settembre 2016, quando quattro membri del gruppo JeM oltrepassarono la Linea di controllo (LoC) che separa il Kashmir amministrato dall’India da quello gestito dal Pakistan, un attacco ai danni dell’esercito indiano portò a un totale di 19 vittime.
La dimensione internazionale dello scontro
L’ipotesi più accreditata è che lo scopo dell’attacco non sia semplicemente quello di sfidare il governo indiano e la politica di Modi sulla gestione del Kashmir – dopo la revoca dello stato di semi-autonomia al Kashmir, Modi ha spesso elogiato l’aumento dello stato di sicurezza nella parte amministrata dall’India della regione –, ma anche quello di minarne la forza internazionale in un momento di criticità per il suo futuro economico. La visita in India del vicepresidente statunitense Vance in corso in questi giorni ha lo scopo di rinsaldare la cooperazione tra i due Paesi in un momento in cui l’India, che già presenta difficoltà interne sul piano economico, cerca di mitigare l’impatto commerciale della nuova presidenza Trump negli USA. Vance ha tenuto ieri un discorso al Rajasthan International Center di Jaipur, elogiando l’andamento delle relazioni tra Washington e New Delhi e sottolineando l’efficacia del dialogo in materia commerciale. In particolare, i due Paesi hanno raggiunto un accordo sulla riduzione dei dazi, la facilitazione delle procedure doganali e una maggiore apertura reciproca dei mercati nazionali; Vance non ha inoltre mancato di mettere in risalto la centralità dell’India nella visione statunitense di sicurezza nella regione dell’Indo-Pacifico e che l’amicizia tra Modi e Donald Trump garantisce solide fondamenta per la partnership indo-americana.
La risposta dell’India, che in passato ha avuto reazioni muscolari alle provocazioni – come quella del 2019 –, può determinare il futuro, almeno a breve termine, dell’equilibrio tra Islamabad e New Delhi, e la minaccia di un’escalation avrebbe indubbiamente un impatto importante sull’economia regionale. L’incontro preventivato tra Vance e Modi, qualora si tenesse – il Primo Ministro indiano ha già annullato diversi impegni per tenere incontri di alto livello con le cariche militari –potrebbe vertere con maggiore intensità sulla sicurezza nell’area, soprattutto tenendo conto degli arsenali nucleari in gioco e degli interessi economici statunitensi e dei loro rivali cinesi nel subcontinente.
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