Nel corso dell’audizione sul Decisione di finanza pubblica (Dfp) tenutasi davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro ha presentato una memoria con una serie di proposte per rilanciare l’occupazione e la competitività del sistema produttivo italiano.
Al centro dell’intervento, la richiesta di ridurre ulteriormente il cuneo fiscale sul lavoro e introdurre incentivi contributivi immediatamente fruibili dalle imprese, considerati più efficaci delle agevolazioni fiscali differite.
Le proposte (e i nodi) sul tavolo del Dfp
Nel documento consegnato alle Commissioni Bilancio, i consulenti del lavoro ribadiscono quella che considerano una priorità per l’economia italiana: la riduzione della pressione fiscale sui fattori produttivi, in particolare sul lavoro. Secondo i consulenti, si tratta di un passo necessario per rendere più competitive le imprese, stimolare gli investimenti e favorire una crescita economica duratura, che possa generare benefici anche in termini sociali e occupazionali.
Ma l’elemento più rilevante della proposta è il destino che i consulenti assegnano ai risparmi derivanti dal taglio del cuneo fiscale: non solo alleggerire il costo del lavoro, ma reinserire queste risorse nella formazione e nella riqualificazione dei lavoratori, con l’obiettivo di preparare il capitale umano alle sfide dei nuovi modelli economici.
Una proposta interessante, che però lascia aperte alcune domande. Per esempio, chi stabilirò quali competenze serviranno e, soprattutto, quali strumenti di coordinamento e finanziamento saranno messi in campo per trasformare queste intenzioni in progetti concreti?
Infine, rimane il nodo delle coperture finanziarie. I consulenti non indicano chiaramente dove lo Stato dovrebbe reperire le risorse per un ulteriore taglio strutturale del cuneo, né se la misura sarà compatibile con i vincoli di bilancio e con gli altri impegni previsti nel Dfp.
Una riforma salariale: i dettagli
Tra le proposte dei consulenti spicca anche quella di rivedere il sistema retributivo, superando l’attuale rigidità ancorata al calcolo orario, in favore di modelli più dinamici legati alla produttività e al merito. L’idea è quella di incentivare un rapporto più efficiente tra lavoratore e impresa, premiando chi contribuisce in modo concreto ai risultati.
Un’impostazione che guarda con favore all’evoluzione delle professionalità e alla necessità di trattenere talenti in un mercato del lavoro sempre più fluido. Anche in questo caso emergono criticità. Primo fra tutti, il rischio che un “salario al merito” si traduca in discrezionalità, soprattutto nei contesti dove mancano strumenti di valutazione oggettiva. Chi stabilisce cosa sia merito e con quali parametri? Il rischio è soprattutto per la mancanza di tutele per chi svolge mansioni meno visibili, ma essenziali.
C’è poi la questione degli incentivi contributivi immediati: i consulenti chiedono che le imprese possano usufruirne subito, ritenendoli più efficaci dei bonus fiscali differiti. Una proposta in linea con le richieste delle PMI, ma che rischia di diventare una misura poco selettiva se non legata all’effettiva creazione di posti di lavoro stabili.
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