Meno prestiti e più depositi in banca, mercato credito sotto Covid


Economia italiana al test dei dazi di Trump. Il governo di Giorgia Meloni ha dimezzato le stime di crescita per quest’anno ad appena lo 0,6% dopo lo 0,7% del 2024. Potrebbe anche andare peggio nel caso di una guerra commerciale che portasse al rallentamento globale. Il possibile impatto negativo sulle esportazioni riaccende i fari sulla domanda interna. Il credito a famiglie e imprese si rivela ancora più importante, se puntiamo a rilanciare consumi e investimenti. Ma i prestiti in banca languono. I dati parlano chiaro: in pandemia sono scesi.

Boom di depositi

A marzo, gli impieghi in favore del settore privato sono aumentati di 7,1 miliardi a 1.412 miliardi di euro.

Hanno registrato un incremento annuale dello 0,2%. S’interrompe così una lunga serie negativa, anche se resta troppo presto per capire se possiamo parlare di vera inversione di tendenza. In crescita anche i depositi della clientela di 8 miliardi a 1.803,2 miliardi, +1,2% annuale.

Facendo un raffronto con 5 anni prima esatti – il marzo del 2020 segnò l’inizio della pandemia in Europa con il lockdown italiano – otteniamo che i prestiti in banca sono diminuiti in valore assoluto di 10,3 miliardi (-0,7%). Viceversa, i depositi sono lievitati di 201,3 miliardi (+12,5%). Dobbiamo tenere conto dell’alta inflazione nel periodo, superiore al 18%. In termini reali, quindi, gli impieghi risultano scesi del 19% e i depositi del 5,8%. Il rapporto tra prestiti e depositi è crollato dall’88,9% al 78,3%.

Sofferenze in calo da inizio pandemia

Cos’è successo? In banca i prestiti sono scesi, perché gli istituti di credito hanno verosimilmente cercato di mettersi al riparo dai possibili rischi legati alle sofferenze. Scottati da quanto era successo nel decennio scorso, quando i crediti deteriorati schizzarono fino a un quinto del totale, con la pandemia hanno limitato le erogazioni ai clienti ritenuti finanziariamente più solidi. La strategia sembra avere pagato, se è vero che nel febbraio scorso le sofferenze nette ammontavano ad appena l’1,46% dei prestiti al settore privato, meno del 2,20% del 2020.

Con la risalita dei tassi ci saremmo aspettati più prestiti da parte della banca. Non è andata così. Probabile che molta liquidità sia andata a finire sui mercati finanziari per l’acquisto di obbligazioni ad alto rendimento. Gli stessi risparmiatori ne hanno approfittato. Hanno acquistato quasi 36 miliardi netti di obbligazioni bancarie (+15,4%) e incrementato le esposizioni verso i titoli di stato di ben 312 miliardi, dal 3% al 14,9% dei bond del Tesoro in circolazione.

Prestiti in banca restano bassi e sportelli in calo

Ed è così che la discesa dei tassi di interesse non riesce a sostenere l’economia italiana più di tanto. I prestiti in banca restano bassi, anche se il loro costo è sceso in un anno dal 4,80% al 4,22% in media per le nuove erogazioni. Più veloce il calo sui depositi dei clienti al 2,54% dal 3,67% di un anno primo. Le banche possono permettersi di snobbare i correntisti, non fosse altro perché della loro liquidità non sembrano avere bisogno più di tanto, avendo prestato sempre meno denaro nel corso degli anni.

E forse anche per questo le filiali nei territori si riducono. Il 42,8% dei Comuni italiani a marzo risultava sprovvisto di sportelli bancari. Cinque milioni di clienti non dispongono più di una banca vicino casa in cui prelevare denaro all’ATM. E, soprattutto, molte piccole e medie imprese si ritrovano senza l’amico direttore a cui rivolgersi per chiedere un prestito all’occorrenza. Il mercato del credito è cambiato, non necessariamente in meglio.

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