Indagini finanziarie: la rilevanza dei conti correnti intestati a terzi nell’accertamento fiscale


Ai sensi dell’articolo 32, comma 1, n. 7, D.P.R. 600/1973, e dell’articolo 51, comma 2, n. 7, D.P.R. 633/1972, gli organi di controllo dell’Amministrazione finanziaria possono inviare richieste di dati, notizie e documenti alle banche, alla Poste Italiane S.p.a., per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie.

Tale strumento, molto efficace, consente di individuare la reale capacità contributiva del soggetto ispezionato e, simmetricamente, ricostruire il reddito del contribuente.

Con l’espressione “segreto bancario si intende il vincolo di riservatezza che caratterizza le informazioni detenute dalle banche sul conto della propria clientela.

Con la L. 311/2004, il Legislatore ha ampliato la portata applicativa delle indagini finanziarie e, in particolare, ha previsto:

  • la possibilità di inviare le richieste da parte dell’Amministrazione finanziaria, alle banche, alle Poste Italiane, a tutti gli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, nonché agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio (SGR), alle società fiduciarie (L. 1966/1939), alle società di investimento mobiliare (SIM), nonché alle società di investimento non residenti iscritte all’albo di cui all’articolo 20, D.Lgs. 58/1998 (TUF);
  • l’ampliamento dell’ambito oggettivo delle indagini finanziarie: mentre in precedenza era possibile richiedere, mediante l’invio di specifici questionari, unicamente la copia dei conti intrattenuti con il contribuente e degli “ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi agli stessi conti”, attualmente è possibile acquisire tutti i dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi;
  • la possibilità di acquisire esclusivamente in via telematica i dati e le notizie richieste (mentre in precedenza i dati venivano trasmessi in formato cartaceo).

Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria intenda attivare la procedura per l’acquisizione dei rapporti intrattenuti e delle operazioni effettuate dal contribuente con operatori finanziari, la normativa prevede il rilascio di una specifica autorizzazione da parte di un organo interno alla stessa Amministrazione.

Dal punto di vista strettamente procedurale, come ben illustrato dalla circolare 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume II, pagina n. 222 e ss. l’intero iter delle indagini finanziarie si articola in due fasi distinte.

La prima fase, di rilevanza esclusivamente interna alla struttura procedente, prevede la richiesta, formulata dai verificatori al Comandante Regionale, di autorizzazione ad accedere alla documentazione in possesso degli intermediari sul conto del contribuente nei cui confronti vengano svolte le indagini.

L’Autorità adita è chiamata a vagliare, sul piano sia della legittimità che del merito, l’istanza pervenuta, provvedendo in tempi congrui a formulare una risposta che determinerà la concessione dell’autorizzazione in questione o il suo diniego, previa adeguata motivazione.

La seconda fase, di rilevanza esterna, prevede l’invio, sulla base dell’autorizzazione precedentemente concessa, delle istanze di acquisizione delle informazioni agli operatori finanziari interessati, individuati quali destinatari delle richieste, che provvederanno alla trasmissione telematica delle relative risposte, anche in senso negativo, entro determinati termini.

A livello operativo, il ricorso alle indagini finanziarie rientra, quindi, nella piena discrezionalità dei verificatori i quali, tuttavia, nel richiedere la prescritta autorizzazione all’acquisizione di copia dei conti correnti all’Autorità competente (Direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate o del Direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della Guardia di Finanza, del Comandante regionale), devono indicare le motivazioni che spingono i verificatori a ritenere necessario l’avvio dell’indagine finanziaria.

Circa l’opportunità di richiedere l’avvio delle indagini finanziarie, la prassi amministrativa, con la circolare 1/2008, ha individuato le ipotesi al ricorrere delle quali appare quanto meno auspicabile attivare lo strumento di indagine bancaria, soprattutto in ragione della particolare insidiosità e gravità dei fenomeni di evasione da fronteggiare; tra queste casistiche possono essere comprese:

  • le forme di evasione totale o paratotale;
  • le ipotesi di omessa tenuta delle scritture contabili o di loro tenuta in maniera palesemente inattendibile;
  • i casi di frode fiscale e le altre fattispecie penali tributarie;
  • le situazioni di evidente e significativa sproporzione tra le manifestazioni di capacità contributiva e i redditi dichiarati dai contribuenti (Comando Generale della Guardia di Finanza, circolare 1/2008, volume III, parte V – le indagini finanziarie – capitolo 2, pagina n. 26).

L’ambito di applicazione delle indagini finanziarie deve normalmente riguardare i contribuenti nei confronti dei quali siano in corso attività istruttorie volte alla ricostruzione dell’obbligazione tributaria e al controllo del corretto assolvimento degli adempimenti fiscali previsti dall’ordinamento tributario.

Tra i destinatari del potere istruttorio possono anche rientrare terzi soggetti che, per quanto non direttamente interessati dalle attività ispettive, risultino titolari di rapporti o esecutori di operazioni in realtà riconducibili al contribuente ispezionato.

L’estensione a terzi delle indagini finanziarie è certamente legittima, ma resta subordinata alla sussistenza di elementi indiziari che lascino presumere ipotesi di fittizia intestazione.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che le indagini finanziarie possano essere estese:

  • al coniuge del contribuente, sulla base della mera sussistenza del rapporto familiare (Corte di cassazione, Sez. V, n. 21420/2012);
  • agli altri congiunti, sempre che venga dimostrata l’ingerenza degli stessi nell’attività aziendale o che l’intestazione a terzi sia fittizia (Corte di cassazione, Sez. V, sentenze n. 17387/2010 e n. 17390/2010);
  • ai soci, amministratori o procuratori generali di società di persone e a ristretta base azionaria, quando risulti provata, anche tramite presunzioni, la sostanziale riferibilità dei conti alla società sottoposta ad ispezione (ex multis, Cassazione, Sez. VI, n. 20849/2016 e Cassazione, Sez. V, n. 4788/2016, con riferimento alle società di capitali, nonché Cassazione, Sez. V, n. 1464/2016, con riguardo alle società di persone).

In merito all’utilizzabilità dei conti correnti intestati a soggetti terzi, si cita il recente orientamento espresso in apicibus dalla suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5529/2025 pubblicata in data 02.03.2025, ove gli ermellini hanno chiarito che per quanto riguarda la verifica estesa a rapporti intestati a soggetti terzi, è utilizzabile la “presunzione legale relativa” prevista dall’articolo 32, D.P.R. 600/1973, non rientrando la fattispecie nell’ipotesi di doppia presunzione.

I giudici di Piazza Cavour sottolineano che, in relazione ai conti correnti formalmente intestati a terzi, si è affermato che gli articoli 32, D.P.R. 600/1973, e 51, D.P.R. 633/1972, autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su detti ultimi, che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi ai medesimi, anche sulla base di semplici “elementi indiziari”.

L’elaborazione giurisprudenziale espressa in sede di legittimità ha confermato che all’utilizzabilità dei dati “non è di ostacolo il divieto di doppia presunzione”, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie esaminata nel giudizio di legittimità (Cassazione n. 15003/2017, n. 1898/2016 e n. 27032/2007).

Pertanto, conclude la suprema Corte, in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente, la presunzione che gli importi versati siano frutto di compensi è immediatamente applicabile.

Tuttavia, nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio finanziario, al fine di avvalersi della presunzione legale prevista dall’ordinamento giuridico, deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia nell’effettiva disponibilità del contribuente al quale, pertanto, sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti (Cassazione n. 25663/2022, n. 32974/2018, n. 5849/2012 e n. 374/2009).



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link