CIVITAVECCHIA – L’associazione “Seconda Chance” continua a sviluppare il suo impegno per il reinserimento lavorativo dei detenuti e degli ex detenuti, portando avanti una missione che ha già dato risultati concreti in molte realtà italiane, compresa Civitavecchia. Fondata dalla giornalista del TgLa7 Flavia Filippi nel 2022, l’associazione si pone come ponte tra il mondo imprenditoriale e il sistema penitenziario, offrendo opportunità di formazione e impiego ai detenuti desiderosi di reinserirsi nella società.
A Civitavecchia, Filippi ha visitato più volte la città per promuovere il progetto, trovando negli ultimi mesi un’importante alleata in Stefania Polo, volontaria penitenziaria da oltre dieci anni con la Chiesa Battista. Polo, in pensione dallo scorso agosto, ha potuto intensificare il suo impegno nelle carceri locali e, da qualche mese, collabora attivamente con “Seconda Chance”.
«Da un lato promuoviamo corsi di formazione all’interno delle strutture penitenziarie, dall’altro ci occupiamo del coinvolgimento diretto delle imprese e delle aziende del territorio», spiega Polo. Gli sforzi dell’associazione hanno già portato a risultati tangibili in questi anni. Solo nelle ultime settimane, la ditta Joule, che si occupa di logistica per il gruppo Conad Ovest, ha assunto due detenuti come magazzinieri, mentre CCMS ha offerto un contratto a tempo indeterminato e Moditech ha avuto colloqui di lavoro alla Casa di Reclusione con due detenuti. Inoltre, sono stati presi contatti con diverse aziende agricole di Tarquinia e avuto un incontro con il Direttore della Coldiretti di Viterbo, settore in cui la necessità di manodopera è sempre alta. «Stiamo informando tutte le cooperative che fanno parte del consorzio su questa importante possibilità – continua Polo – perché gli imprenditori agricoli hanno bisogno di personale e possono beneficiare di sgravi fiscali significativi grazie alla legge Smuraglia».
La legge Smuraglia (193/2000) rappresenta un’opportunità unica per le aziende che assumono detenuti, offrendo incentivi economici e sgravi fiscali che variano a seconda dello stato di detenzione del lavoratore (semilibertà o Art. 21 dell’ordinamento Penitenziario) per un importo mensile fino a 300 o 516 euro al mese per detenuto. «Il nostro lavoro è fondamentale – sottolinea Polo – perché ci permette di abbattere il pregiudizio, offrire una seconda possibilità ai detenuti e contrastare il fenomeno della recidiva. Inoltre, gli imprenditori che aderiscono al progetto risparmiano sui costi del lavoro e fino a 18 mesi dopo la scarcerazione, che diventano 24 mesi per le cooperative». Ovviamente, i detenuti coinvolti nel progetto vengono selezionati con cura, rispettando determinati criteri. «Quando trovano un impiego, si impegnano al massimo: la loro voglia di riscatto è fortissima – ha aggiunto la volontaria – spesso sono loro stessi a proporsi, ma devono affrontare un iter di selezione e valutazione in cui ci confrontiamo con educatori e operatori penitenziari. Anche gli agenti di polizia penitenziaria, che sono un punto di riferimento per i detenuti, vengono coinvolti in questo processo. Può sembrare strano, ma spesso i detenuti temono il momento dell’uscita dal carcere per mancanza di prospettive, di un lavoro, a volte di una famiglia. Trovare un lavoro prima di lasciare il carcere significa per loro vedere finalmente la luce, avere una speranza, sentire una gioia immensa, sapere di avere afferrato un’ancora preziosa, da tenere stretta, la garanzia di un futuro senza recidiva. Chi dirige i Penitenziari sa bene che oltre il 60% degli ospiti rientra e quanto essenziale sia per loro poter contare su un posto di lavoro».
Nel novembre 2024, “Seconda Chance” ha firmato un protocollo d’intesa con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) per potenziare la formazione e l’inserimento lavorativo dei detenuti. Un passaggio cruciale per rafforzare il ruolo dell’associazione come trait d’union tra il mondo imprenditoriale e quello carcerario. «L’Area Educativa sta effettuando una mappatura delle professionalità presenti nelle carceri per dare maggiore incisività e agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro», spiega ancora Polo. Negli anni, la rete di “Seconda Chance” si è ampliata sempre di più, coinvolgendo moltissime realtà produttive. Gli imprenditori che hanno aderito sono soddisfatti.
«Questo è un progetto che promuove la gioia – aggiunge Polo – perché porta speranza, dignità e inclusione». L’associazione si impegna anche a creare opportunità di impresa all’interno degli istituti penitenziari, utilizzando strutture interne spesso inutilizzate. «A Civitavecchia, per esempio, i detenuti stanno producendo pinse e le vendono, un’esperienza concreta che dimostra come il lavoro possa essere un veicolo di rinascita», racconta Polo. Un detenuto, inoltre, ha recentemente discusso una tesi di laurea in Economia sul lavoro nelle carceri, dedicando un intero capitolo al progetto “Seconda Chance”. Oltre alla produzione di beni, l’associazione in tutta Italia sta esplorando nuove opportunità nel settore dei servizi. Ad esempio, alcuni detenuti hanno iniziato corsi di formazione per l’assistenza alla persona, un settore in forte crescita che potrebbe offrire sbocchi lavorativi stabili una volta scontata la pena. Inoltre, sono in fase di valutazione collaborazioni con cooperative sociali che operano nel settore della ristorazione e del catering, per avviare progetti di cucina e consegna pasti sia dentro che fuori le mura carcerarie. L’importanza di questi progetti non si limita all’aspetto economico, ma tocca anche la sfera psicologica e sociale. Lavorare può dare ai detenuti un senso di dignità e appartenenza. Non si sentono più solo numeri, ma persone con un valore e un ruolo all’interno della società: è stato riscontrato che chi riesce a inserirsi in un contesto lavorativo ha molte più possibilità di reinserirsi positivamente nella società e non tornare a delinquere. Anche le famiglie dei detenuti traggono beneficio da queste iniziative. Quando un detenuto riesce a guadagnare legalmente uno stipendio, può sostenere economicamente la propria famiglia e ricostruire relazioni spesso compromesse dall’esperienza carceraria. Secondo i dati dell’associazione, fino ad oggi sono stati creati oltre 500 posti di lavoro per detenuti ed ex detenuti, oltre la metà dei quali concentrati nel Lazio e a Roma. Le opportunità hanno riguardato vari settori, dalla ristorazione alla grande distribuzione, dall’edilizia ai servizi.
«Il lavoro è vita e rappresenta la chiave per un reale reinserimento nella società – ha concluso Polo – stando a contatto con i detenuti, ci rendiamo conto delle loro necessità e nascono sempre nuove idee per migliorare il progetto. Speriamo di coinvolgere sempre più imprenditori del territorio, perché questa è una possibilità che fa bene a tutti: ai detenuti, alle aziende e alla società intera»..
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