Da alcuni anni a questa parte, quindi al netto degli effetti e strascichi del caso Ferragni, la litigiosità pubblicitaria tra imprese e consumatori sta scendendo. Un trend che avrebbe fatto felice Roberto Cortopassi, storico fondatore dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria per il quale il successo del sistema di autocontrollo si sarebbe raggiunto nel momento in cui fossero stati pochissimi i casi risolti dal Giurì. Segno evidente di una maggiore responsabilità e cultura della concorrenza da parte delle imprese aderenti. E in effetti, dati alla mano, il contenzioso scende sia avanti al Giurì che all’Agcm e al giudice ordinario. Con quali effetti?
Il contenzioso in tema di pubblicità è in calo, ma non calano le pratiche commerciali scorrette
«Il contenzioso pubblicitario tradizionale negli ultimi anni è diminuito, soprattutto in sede autodisciplinare. Se è invece vero che avanti all’Agcm si continuano ad aprire procedimenti, essi hanno però ad oggetto, per lo più, pratiche commerciali scorrette diverse dalla comunicazione ingannevole», spiega Elena Carpani, partner di EY SLT, Studio Legale e Tributario, che tra il 2023 e il 24 ha gestito una quindicina di contenziosi pubblicitari. «Sono aumentate le richieste di consulenza soprattutto aventi ad oggetto il tema di influencer marketing e il rapporto tra creazioni pubblicitarie e intelligenza artificiale. Temi molto attuali. Per ciò che concerne l’Influencer marketing, ciò è dovuto, anche, all’entrata in vigore del Codice di Condotta dell’Agcom. Quanto all’AI ciò che sta emergendo è la necessità di regolare l’uso dei nuovi strumenti nell’ambito del processo creativo, la titolarità degli output nonché la concreta possibilità di trasferirne l’utilizzo in esclusiva. Tornando al calo dei contenziosi, segnalo negli ultimi anni l’incremento delle pubblicità di «marca» mentre sono diminuite le prestazionali. Quelle, per capirci, che veicolano le caratteristiche, anche tecniche, dei prodotti e dei servizi pubblicizzati e che più facilmente si prestano ad essere contestate dai competitor. Rimangono delle eccezioni ovviamente. Mi riferisco alle comunicazioni delle aziende telefoniche, dei prodotti cosmetici e di alcuni prodotti per la casa. Ma non è tutto. C’è una minore propensione delle aziende ad attaccare i competitor.
Perché questo avviene? Si preferisce allocare i budget a disposizione per altre attività e si vuole evitare che a fronte di una azione segua una reazione del competitor. Una controversia pubblicitaria ha dei costi. Oltre alle spese legali, che alla fine sono quelle meno significative, si devono considerare il tempo e le energie dedicate da chi lavora nel dipartimento legale, nel marketing, nella comunicazione e nei dipartimenti tecnico-scientifici. Sono loro che dialogano con i legali, interni ed esterni, e che forniscono la documentazione e gli elementi necessari alla costruzione dell’azione legale. Non posso dire di avere notato un maggior senso di responsabilità delle aziende che comunicano. Intendo dire che le comunicazioni continuano ad essere costruite spesso in maniera poco virtuosa. Da ciò consegue che, a mio avviso, il contenzioso è calato a prescindere dal fatto che continuino ad essere veicolate comunicazioni censurabili. L’inerzia degli investitori in compenso è però spesso supplita dall’attività del Comitato di Controllo, in sede autodisciplinare e dall’impulso d’ufficio avanti l’Agcm».
E’ cresciuta nelle aziende la consapevolezza dei rischi legati alle comunicazioni scorrette o ingannevoli
«Secondo la nostra esperienza, il contenzioso in materia di pubblicità e pratiche commerciali scorrette ha registrato nel biennio 2023-2024 un’evoluzione, con una riduzione dei casi davanti ai giudici ordinari e amministrativi rispetto ai bienni precedenti, e un incremento della risoluzione stragiudiziale e dei procedimenti avanti ad Agcm e Iap che sovente non sfociano tuttavia in contenziosi» spiegano Paolo Lazzarino, partner del dipartimento Proprietà Intellettuale e Francesco Mazzocchi, counsel del dipartimento Antitrust e Concorrenza di ADVANT Nctm. «Questo riflette maggiore consapevolezza e prudenza sui rischi legati alle comunicazioni scorrette o ingannevoli di messaggi pubblicitari ma anche l’utilizzo di strumenti alternativi all’accertamento delle violazioni da parte delle autorità e degli organismi competenti che hanno un effetto deflattivo sulle liti. Permane una litigiosità su casi complessi, legati per lo più a tematiche emergenti come la sostenibilità (green claims e greenwashing, pratiche associate all’obsolescenza precoce dei beni) toccata dalla espansione della regolamentazione europea in tema di tutela del consumatore. Oggetto di enforcement che talvolta sfocia in contenziosi sono anche campagne pubblicitarie che fanno uso di giudizi, recensioni e c.d. followers, che in alcuni casi possono deviare o falsare le scelte di acquisto del consumatore e dell’utente social – in aderenza a un processo evolutivo della figura del consumatore che lo porta a essere sempre più considerato come soggetto attivo e consapevole, le cui scelte influenzano e indirizzano lo sviluppo di diversi ambiti di mercato. Come studio, nel biennio 2023-2024, abbiamo gestito una decina di casi di rilievo, assistendo clienti sia come ricorrenti/attori sia come convenuti/resistenti. Per il futuro, sarà cruciale che le aziende continuino ad investire in comunicazioni trasparenti e verificabili, riducendo così il rischio di contenziosi».
Le aziende si rivolgono agli studi per chiedere una consulenza preventiva sulle campagne da avviare
«Nel corso degli ultimi anni l’evoluzione del contenzioso in materia pubblicitaria e relativo alle pratiche commerciali scorrette ha subìto una trasformazione», dice Federica Furlan, managing associate di LCA Studio legale. Per la nostra esperienza diretta, però, non è necessariamente vero che il contenzioso sia prevalentemente concentrato davanti al Giudice Ordinario. Le tempistiche di un giudizio, anche cautelare ed urgente, davanti alla magistratura ordinaria sono ormai incompatibili con l’esigenza di immediata azione che un mondo come quello della comunicazione pubblicitaria, ad esempio, richiede. Medesimo discorso potrebbe valere anche in relazione ai procedimenti davanti all’Agcm che hanno delle tempistiche relativamente lunghe. La sensazione è che si litiga di meno perché le aziende sono più consapevoli dei rischi legati alla comunicazione pubblicitaria ed alle pratiche commerciali scorrette e decidono quindi di attivarsi richiedendo a noi legali una consulenza preventiva. Prevenire il problema piuttosto che curarlo è oggi considerata la scelta strategica migliore. È pur vero che tra i fattori concomitanti che hanno un ruolo deflattivo del contenzioso ci sono anche le attività di moral suasion di Antitrust e Comitato di Controllo dell’Iap che consentono agli inserzionisti di correggere il tiro in corsa senza che debba necessariamente essere avviato uno specifico procedimento di contestazione.
A causa del contenzioso, però, la comunicazione pubblicitaria si sente troppo imbrigliata/censurata
Al di là di questo la creatività pubblicitaria è sempre molto attiva e in cerca di nuove modalità di espressione. Ultimamente, in alcuni settori «in voga» e oggetto di evoluzione nella disciplina normativa (sostenibilità e claim ambientali), la comunicazione pubblicitaria si sente troppo imbrigliata/censurata. Non si può negare che in alcune circostanze pare quasi che la strategia più «safe» sia quella di non comunicare affatto, considerato i margini di incertezza e scarsa coordinazione che certi testi normativi presentano. La principale criticità nel fare Adv pensiamo che a volte possa ravvisarsi nella difficoltà di conciliare norme di settore tanto articolate e intricate da far desistere gli inserzionisti».
«Si litiga meno e si investe di più nella prevenzione: questa è la sintesi dell’esperienza dell’ultimo biennio», dice Riccardo Rossotto, partner di RP Legalitax: «salvo casi straordinari in cui i grandi operatori dei vari settori merceologici si giocano in comunicazione un aspetto strategico di marketing – in tale ipotesi attaccano o si difendono giudizialmente in tutte le sedi – le imprese, anche per ragioni di budget, tendono a creare meno contenzioso. Il giudice ordinario, almeno nella nostra esperienza, è residuale rispetto alle altre due autorità, lo Iap e l’Agcm. Questo, nonostante la nostra sottolineatura in ordine alla possibilità, a certe condizioni, di ottenere anche un risarcimento danni per l’illecito altrui. Credo che negli ultimi 10 anni ci sia stata comunque una maggiore attenzione e sensibilità da parte delle imprese italiane delle best practice o comunque della normativa vigente in materia di comunicazione e concorrenza. Nel biennio 23-24 abbiamo riscontrato una casistica di contenziosi altalenante: superiore nel 2024 e inferiore nel 2023. Tuttavia tale lettura non deriva da ragioni di mercato bensì da motivazioni strettamente collegate ai settori merceologici dei nostri clienti. Un ultimo dato interessante è il ricorso ai pareri preventivi dello Iap che per anni è stato vissuto per alcuni come un rischio di violazione della riservatezza e per altri, in maniera erronea, come una forma di «patente» di legittimazione di qualsiasi messaggio pubblicitario, a prescindere dai limiti reali dell’efficacia dello strumento. Il vero mondo, tutto da scoprire, è quello del web, ancora un Far West, nella sostanza non regolato. Qui sta la grande sfida degli organi preposti alla vigilanza e repressione sulla comunicazione pubblicitaria. Concludendo, mi sembra di poter affermare che il livello di sensibilità sulla correttezza delle condotte comunicazionali nel nostro paese si sia notevolmente implementato, riducendo il lavoro dei giudici… adesso vedremo cosa succederà nel web».
«È evidente che si litiga meno, soprattutto avanti il giudice ordinario. Credo questo sia da inquadrare in una generale crisi dei tribunali delle imprese (già sezioni specializzate), sempre più aggravati di competenze in materia non specialistica e, quindi, sempre meno in grado di rispondere con celerità ed efficienza alle necessità di giustizia delle imprese», dice Paolina Testa, partner di FTCC Studio Legale Associato, che nel biennio 2023-2024 ha gestito 13 controversie davanti allo IAP, 8 davanti all’Agcm e una (in materia di pubblicità) davanti al giudice ordinario. «È un dato di fatto però che si litiga meno anche davanti al Giurì (e all’Agcm, pur nel significato particolare che il verbo litigare può assumere in questo contesto). Questa tendenza è dovuta a due fattori: per quanto riguarda le questioni in materia di tutela della creatività, alla mancanza di campagne nuove e soprattutto di campagne originali, non descrittive, che possano meritare protezione e che quindi valga la pena di difendere nei confronti delle imitazioni. In termini più generali, dalla contrazione dei budget destinati dalle imprese alla tutela legale, che tende ad essere considerata come una spesa in certo qual modo superflua, un lusso del quale si può fare a meno. Questa tendenza è anche indice, in certa misura, di aspetti positivi: una crescente attenzione delle imprese alla verifica legale preventiva dei messaggi, che riduce l’ambito del contenzioso, o perché il messaggio che viene diffuso è inattaccabile dal punto di vista legale, o perché il margine di contestazione è così esiguo, e di conseguenza l’incertezza così alta, che non vale la pena di instaurare un contenzioso.
Le nuove sfide legali? I rischi legati all’IA e alla personalizzazione delle campagne digitali
Quali criticità nel fare advertising? Indubbiamente penso alla pubblicità ambientale: l’argomento è di grande presa sul pubblico, la regolamentazione è sempre più stringente, e per fare una comunicazione corretta sono sempre più necessarie competenze di carattere tecnico di cui non tutte le imprese sono provviste. Guardando ai mezzi di diffusione della pubblicità, stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione legata alla sempre maggiore importanza della pubblicità digitale, che consente di raggiungere target specifici con un livello di personalizzazione prima impensabile. Qui è importante non tanto la costruzione del messaggio, quanto la costruzione del target, che richiede conoscenze di carattere tecnico (competenze in materia di dati) e di carattere legale, con riguardo alla normativa sulla protezione dei dati personali e alla sua applicazione».
«La riduzione della conflittualità tra aziende concorrenti in relazione a temi pubblicitari, soprattutto avanti al Giudice ordinario, ha origini e motivazioni diverse», spiega Elisa Teti, partner di Rucellai & Raffaelli Studio Legale. «Innanzitutto, abbiamo assistito, negli ultimi anni dato il contesto storico ed economico che stiamo vivendo, a una contrazione dei budget aziendali che hanno portato a una limitazione non solo delle iniziative promozionali, ma anche delle possibili azioni legali, ormai circoscritte a casi particolarmente eclatanti e reputati potenzialmente dannosi per il business. In secondo luogo, abbiamo in Italia un sistema di controllo della pubblicità duale e molto efficace affidato all’Agcm e al Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria che spesso agiscono in assenza di segnalazione da parte dei concorrenti, d’ufficio o su segnalazione dei consumatori o delle loro associazioni. Infine, abbiamo una sempre maggiore consapevolezza delle imprese in ambito di tutela consumeristica e pubblicitaria, con strutturate attività di intervento in via preventiva».
Il quadro sopra descritto è delineato sulla base dell’esperienza sul campo, considerata la tipologia di assistenza richiesta. «Se guardo all’ultimo biennio, la parte preponderante – a fronte di pochissimi casi di contenzioso e innanzi allo Iap – è occupata dagli interventi dell’Agcm. Il bilancio è del tutto favorevole considerato che nessuno tra i nostri casi si è concluso con condanna, mentre in moltissimi siamo riusciti a definire le vicende grazie agli istituti degli impegni (che consente la chiusura del procedimento senza accertamento dell’infrazione e senza sanzione) o della moral suasion (in cui l’adesione, anche con negoziazione in alcuni casi, alle misure richieste dall’Agcm ha portato all’archiviazione senza apertura del procedimento). Infine, sono sempre di più i clienti che richiedono di svolgere attività di compliance preventiva strutturata, anche considerato il proliferarsi di diverse normative che hanno impatto sulle iniziative pubblicitarie, con regole sempre più stringenti che rischiano, da un lato, di ingessare l’attività di promozione di prodotti e servizi e, dall’altro lato, di avere gravissime ripercussioni non sono solo in termini sanzionatori, ma anche, e soprattutto, reputazionali; si pensi ai social, mondo in cui la ricaduta può essere direttamente proporzionale alla diffusione e notorietà del messaggio o del testimonial: penso al recente caso Ferragni».
Il sistema duale di controlli svolto da Antitrust e Iap sta funzionando sulla deflazione del contenzioso
«Nel biennio 2023-2024, il nostro studio ha gestito una ventina di casi innanzi all’AGO, all’Agcm e allo Iap, la maggioranza dei quali in attacco» spiegano Massimo Tavella e Barbara Mazzi, partner di Tavella Avvocati Associati. «La riduzione delle controversie potrebbe avere diverse matrici che non dipendono da una diminuzione della creatività pubblicitaria, o dal riutilizzo da parte degli inserzionisti di campagne già «testate» sul mercato al fine di contenere i rischi di contenzioso, ma da altri fattori. Non c’è dubbio che i tempi di risoluzione delle controversie che caratterizzano i procedimenti avanti al Giudice ordinario, siano penalizzanti per le aziende, che prediligono strumenti più celeri e rispondenti alle esigenze del mercato. Le vertenze in materia di comunicazione commerciale hanno nella maggioranza dei casi il primario obiettivo di bloccare – velocemente – iniziative che vengono rapidamente e capillarmente diffuse tramite svariati mezzi. È necessario un intervento tempestivo per limitare i danni che ne derivano ai consumatori e/o ai concorrenti. Lo strumento dell’inibitoria ha quindi un ruolo cruciale nella tutela, poiché il risarcimento monetario non è di per sé sufficiente a riparare il pregiudizio subito. Mentre in sede autodisciplinare la cessazione di una campagna pubblicitaria può essere disposta in poco più di tre settimane, avanti al Tribunale è difficile ottenere – in tempi analoghi – un provvedimento di inibitoria, anche se richiesto in via cautelare. Vi è poi una maggior prudenza dalle aziende già nella fase ideativa e realizzativa delle proprie iniziative di comunicazione, nel ponderare con più attenzione eventuali rischi, nella consapevolezza che la diffusione di messaggi ingannevoli e scorretti comporta molto spesso un impatto negativo, in termini reputazionali, per l’azienda stessa, con ricadute ben più gravose nel rapporto con i clienti – attuali e potenziali – rispetto ad altri fattori. Si registra anche una maggiore propensione delle aziende a ricercare soluzioni stragiudiziali di composizione bonaria delle controversie: molte dispute vengono infatti definite al di fuori delle aule di Tribunale; sono altresì numerosi i casi che vengono risolti prima di giungere a una decisione di condanna definitiva». Un trend confermato dai dati del Report IAP per l’anno 2023, che ha registrato diversi casi (188) risolti in collaborazione con gli inserzionisti che hanno spontaneamente accettato di modificare i messaggi contestati. Allo stesso modo, l’Agcm ha adottato provvedimenti di chiusura dei procedimenti con l’accettazione di impegni proposti dai professionisti. «Le principali criticità che interessano l’advertising derivano dalla crescente complessità del contesto nel quale le aziende e tutti gli operatori del settore operano e dalla rapidità con cui nascono e si sviluppano nuovi strumenti di comunicazione, soprattutto attraverso le piattaforme digital: i canali e il modo di promuovere prodotti e servizi è in continua evoluzione. L’influencer marketing e l’uso dell’Intelligenza artificiale per realizzare contenuti rappresentano nuove sfide, sia sotto il profilo giuridico, sia dal un punto di vista etico; le aziende si trovano spesso a operare in un contesto di incertezza regolatoria» chiosano.
«Il contenzioso in materia di pubblicità e pratiche commerciali scorrette sembra in calo, soprattutto il primo», dice Rita Tardiolo, partner del dipartimento di Proprietà Intellettuale Bird & Bird. «Da un lato, è innegabile che le aziende abbiano acquisito una maggiore sensibilità verso il rispetto delle normative e un approccio più consapevole alla comunicazione. Questo è un segnale positivo, frutto di anni di interventi regolatori più stringenti e di un consumatore sempre più attento e informato. Tuttavia, la riduzione delle controversie potrebbe celare anche una spetto meno progressista. Il calo potrebbe riflettere anche una maggiore cautela o un maggior disorientamento nel panorama legislativo sempre più complesso. Le campagne che osano andare oltre i confini tradizionali sembrano diminuire, lasciando spazio al riutilizzo di messaggi già approvati o comunque meno «sfidanti». Questa dinamica, se da un lato riduce il rischio di contenziosi, dall’altro rischia di impoverire il panorama pubblicitario, limitando il potenziale di crescita e innovazione. Inoltre, alcune aziende potrebbero scegliere di evitare i procedimenti contenziosi avanti alle competenti Autorità per motivi di costi e tempi. Questo potrebbe far pensare che, più che una vera riduzione delle problematiche, si stia assistendo a un cambiamento nella gestione dei conflitti. La complessità delle normative e il rischio di interpretazioni ambigue che porta con sé non deve tuttavia spaventare e dovrebbe rappresentare una opportunità. Si tratta di una sfida crescente per le aziende, che spesso si trovano a bilanciare il desiderio di comunicare in modo efficace con la necessità di evitare sanzioni. Sapersi tuttavia districare e muovere in conformità a tale complesso quadro normativo può d’altro canto rappresentare una importantissima leva concorrenziale. Detto questo, il calo delle controversie è un dato che va accolto con cautela. Le imprese devono trovare nuove strade per comunicare in modo audace e rispettoso delle regole. Per farlo, è fondamentale un confronto aperto con tutti gli attori del settore, basato su esperienze e dati precisi. Solo così si potrà trasformare questa apparente «calma» in un’opportunità».
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