L’applicazione dei crediti d’imposta R&S 2015-2019, l’accesso al credito e il sostegno alla crescita e internazionalizzazione. Questi i tre punti chiave discussi da Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria accessori moda, in audizione nell’ambito dell’esame del disegno di legge c. 2308 di conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante «Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni». La numero uno della federazione che raggruppa le imprese associate ad Assocalzaturifici, Assopellettieri, Aip-Associazione italiana pellicceria e Unic-Concerie italiane ha evidenziato come debba essere ancora chiarita la controversa applicazione dei crediti di imposta R&S 2015- 2019.
Applicazione dei crediti d’imposta R&S 2015-2019
«Era stata preannunciata nel corso delle riunioni del Tavolo moda e anche da diverse proposte emendative della maggioranza, in particolare al disegno di legge di Bilancio e al decreto-legge Milleproroghe, la soluzione di saldo e stralcio per tutte le aziende del settore moda che hanno usufruito, legittimamente secondo le leggi al momento in essere, del credito di imposta per ricerca e sviluppo per gli anni 2015-2019, raggiunte o meno da Pvc da parte della Ade», ha affermato Ceolini sottolineando come a tutto questo, tuttavia, non sia stato dato seguito.
«Non risulta abbia avuto particolare successo la procedura di riversamento spontaneo dei crediti di imposta per l’attività di ricerca e sviluppo, senza sanzioni e senza interessi, motivo della proroga contenuta nel decreto-legge oggetto di questa audizione al 3 giugno 2025. Ringraziamo il Governo per l’attenzione portata alle nostre istanze su un tema vitale per le nostre aziende: la restituzione del 100% di quanto a parere dell’Ade indebitamente ricevuto e in un anno e mezzo però purtroppo non è sufficiente». Ceolini ha infatti ricordato come quel credito di imposta sia stato investito in nuovi campionari e collezioni per rimanere competitivi sui mercati, per affrontare le emergenze che si sono susseguite a partire dal Covid, ai fenomeni inflattivi, alle contrazioni di mercato seguenti alla guerra Russia-Ucraina e, infine, al recente rallentamento di tutto il comparto moda. La presidente ha poi toccato il tema dell’accesso al credito.
Accesso al credito
«Pur apprezzando l’impegno del Governo volto ad assicurare la rimodulazione dei prestiti bancari e l’impulso dato con l’invio della circolare Abi, o anche il lavoro fatto con Simest, si deve rilevare che non è stata attivata alcuna procedura automatica di moratoria per tutte le tipologie di finanziamento e per tutte le aziende che ne facciano richiesta e non solo per quelle in conclamato stato di difficoltà», ha proseguito. «La ricalendarizzazione dei finanziamenti garantiti da Sace, Simest e Mediocredito ottenuti dalle imprese durante la fase Covid e a seguito della crisi per il conflitto ucraino è lasciata alla discrezionalità delle banche e alla loro valutazione sul singolo cliente, creando un deciso disallineamento in termini di forze in campo. Le aziende hanno necessità di veder garantito almeno il rinvio del rimborso delle rate in conto capitale sia dei finanziamenti a medio-lungo termine sia di quelli a breve termine per smobilizzo del capitale circolante».
Sostegno alla crescita e internazionalizzazione
Infine Ceolini ha posto l’accento sul fatto che in un Paese come l’Italia, con una fortissima vocazione verso l’export e innervato sulle pmi, le fiere rappresentano il più importante strumento di politica industriale. «Chiediamo che sia incrementata la disponibilità finanziaria del fondo rotativo della L. 394/1981 e che ne sia allargato l’uso anche alla partecipazione alle fiere di carattere internazionale, secondo il riconoscimento delle Regioni di competenza, svolte in Italia. Ciò consentirebbe alle aziende della filiera pelle di accedere ai mercati internazionali senza incidere ulteriormente sul proprio ciclo di capitale circolante», ha dichiarato. «La proposta emendativa che sarà depositata agli atti della Commissione intende risolvere le criticità legate alla controversa applicazione dei crediti d’imposta R&S 2015-2019 per consentire alle aziende che ne hanno usufruito di riversarne solo una percentuale, definita con apposito decreto interministeriale in misura, comunque, non inferiore al 50% del dovuto, evitando così crisi finanziarie o chiusure definitive». Si tratta di una proposta in linea con gli impegni assunti dal ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, da ultimo durante il Tavolo della moda dello scorso 24 gennaio.
«Il momento che stiamo attraversando è veramente complesso. Richiede interventi di politica industriale a lungo periodo, a sostegno di un settore strategico manifatturiero del Made in Italy, quello della moda, che rende il nostro Paese famoso nel mondo. Un comparto produttivo e una filiera spesso a servizio di marchi, non solo nazionali, che non possiamo perdere, una manodopera qualificata che sarebbe insostituibile», ha concluso Ceolini. «Stiamo rischiando di perdere competenze e qualità e, con esse, decine di migliaia di posti di lavoro a favore di altre nazioni del bacino mediterraneo e con questo un fondamentale tassello del nostro modo di vivere tanto apprezzato all’estero. Il sostegno che la Moda chiede al Governo è strutturale e deve essere in grado di innescare un percorso virtuoso volto al recupero dell’equilibrio a favore dei marchi ancora di proprietà italiana e per tutta la filiera tessile e accessori moda».
I dati economici relativi alla filiera pelle non sono incoraggianti
Il preconsuntivo per il 2024 rileva che il comparto conta 9.868 aziende (-5%), 139.923 lavoratori (-4,1%) e un fatturato di circa 30 miliardi di euro, in calo dell’8,6% rispetto al 2023. Le esportazioni hanno chiuso l’anno a 25 miliardi di euro, con una flessione dell’8,2% rispetto al 2023. L’import è diminuito a 11,5 miliardi di euro (-4,5%). Il saldo commerciale si attesta a 13,5 miliardi di euro (-11,1%). L’andamento marcatamente sfavorevole trova peraltro conferma nell’indice Istat della produzione industriale corretto per gli effetti di calendario, che nei primi 11 mesi del 2024 ha registrato per la voce Ateco CB15 relativa alla «Fabbricazione di articoli in pelle e simili», un sensibile calo del 16,6% sugli stessi mesi 2023.
La decisa frenata nei ritmi produttivi ha provocato lo scorso anno un’impennata nel ricorso agli strumenti di integrazione salariale (Cig e strumenti simili). Tali indicazioni confermano le cifre preoccupanti diffuse da Inps relative al numero di ore di Cig autorizzate nella filiera pelle. Nel corso dei 12 mesi del 2024 sono state concesse 36 milioni di ore, con un aumento del 128,2% rispetto ai 15,8 milioni di gennaio-dicembre 2023. Tuttavia, la filiera della pelle contribuisce in maniera significativa alla bilancia commerciale italiana, grazie soprattutto alla capacità delle piccole e medie imprese che formano questa filiera e che guidano il processo di reshoring, nonostante la difficoltà a competere sui mercati internazionali. (riproduzione riservata)
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