L’Unione Europea ha recentemente messo sul tavolo una serie di proposte legislative, comunemente raggruppate sotto la denominazione di “Pacchetto Omnibus”. In questo articolo vedremo in dettaglio tutti i contenuti di queste proposte. Prima di cominciare, quindi, è opportuno sottolineare che non si tratta di una singola misura, ma di un insieme coordinato di interventi normativi volti a rispondere a specifiche esigenze di semplificazione, riduzione degli oneri burocratici e potenziamento della competitività del tessuto economico europeo.
La seconda precisazione è che in realtà, dietro all’etichetta “Pacchetto Omnibus” si celano due distinti pacchetti, entrambi presentati dalla Commissione Europea il 26 febbraio del 2025: il Pacchetto Omnibus I, incentrato sulla modifica delle direttive relative alla rendicontazione di sostenibilità aziendale e alla due diligence, e il Pacchetto Omnibus II, focalizzato sull’efficientamento del programma di investimento InvestEU e sulla semplificazione degli obblighi di segnalazione ad esso connessi.
Comprendere la genesi, i contenuti e le implicazioni di ciascuno di questi pacchetti è fondamentale per decifrare le attuali dinamiche regolatorie europee e le direzioni strategiche intraprese per il futuro del mercato unico.
Il Pacchetto Omnibus I
Il primo dei due interventi, il Pacchetto Omnibus I formalizzato nel documento COM(2025) 80 final, si concretizza in una proposta di direttiva che mira a modificare due normative europee attualmente in vigore:
- la Direttiva (UE) 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD)
- la Direttiva (UE) 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CSDDD).
La genesi di questa proposta affonda le radici nella crescente attenzione verso la necessità di un quadro normativo che faciliti la competitività e la resilienza dell’Europa, come sottolineato da Mario Draghi nel suo rapporto sul futuro della competitività europea. In tale contesto, sono emerse preoccupazioni riguardo ai costi e agli oneri di conformità derivanti dalla CSRD e dalla CSDDD.
Anche la Dichiarazione di Budapest sul Nuovo Patto per la Competitività Europea ha esplicitamente richiesto una “rivoluzione della semplificazione”, invocando un quadro regolatorio chiaro, semplice e intelligente per le imprese e una drastica riduzione degli oneri amministrativi e di segnalazione, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI).
In risposta a queste sollecitazioni, la Commissione Europea ha annunciato l’intenzione di presentare un primo “Pacchetto Omnibus di Semplificazione” che avrebbe incluso interventi significativi nei settori della rendicontazione finanziaria sostenibile, della due diligence sulla sostenibilità e della tassonomia. Questa proposta specifica si inserisce quindi in un’agenda più ampia di attuazione e semplificazione, volta a realizzare miglioramenti rapidi e visibili per cittadini e imprese.
Le modifiche alla CSRD
Il fulcro della proposta relativa alla CSRD consiste nel posticipo di due anni delle date a partire dalle quali gli Stati membri dovranno applicare gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità.
La CSRD, entrata in vigore il 5 gennaio 2023, ha introdotto requisiti più stringenti e modernizzati in materia di comunicazione di informazioni relative alla sostenibilità da parte delle imprese. Questi obblighi mirano a rispondere alla crescente necessità di informazioni sugli impatti delle aziende sulle persone e sull’ambiente, contribuendo alla stabilità finanziaria e all’integrità ambientale.
La direttiva prevede un’applicazione graduale in diverse “ondate”. La prima ondata, che prevedeva l’obbligo di rendicontazione nel 2025 per l’esercizio finanziario 2024, avrebbe interessato le grandi imprese di interesse pubblico con più di 500 dipendenti. La seconda ondata, con obbligo di rendicontazione nel 2026 per l’esercizio finanziario 2025, avrebbe coinvolto le altre grandi imprese e le capogruppo di grandi gruppi. La terza ondata, prevista per il 2027 per l’esercizio finanziario 2026, avrebbe riguardato le PMI quotate, gli istituti di credito piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione e riassicurazione captive (a determinate condizioni), con una possibile opzione di “opt-out” per due anni per le PMI quotate. Infine, la quarta ondata avrebbe esteso gli obblighi nel 2029 per l’esercizio finanziario 2028 a talune imprese non UE con attività significative nel territorio dell’Unione.
La proposta in esame prevede ora che le grandi imprese con non più di 500 dipendenti e quelle con più di 500 dipendenti che non siano enti di interesse pubblico dovranno rendicontare a partire dagli esercizi finanziari che iniziano il 1° gennaio 2027 o dopo tale data (anziché dal 1° gennaio 2025).
Analogamente, le PMI con titoli ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato dell’UE, gli istituti piccoli e non complessi e le imprese (ri)assicurative captive dell’UE dovranno rendicontare a partire dagli esercizi finanziari che iniziano il 1° gennaio 2028 o dopo tale data (anziché dal 1° gennaio 2026).
La motivazione principale di questo rinvio risiede nella volontà di evitare che le imprese attualmente tenute a rendicontare per gli esercizi finanziari 2025 e 2026 incorrano in costi inutili ed evitabili, considerando le iniziative in corso della Commissione volte a semplificare gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità e a ridurre gli oneri amministrativi.
Parallelamente al rinvio delle date di applicazione, la proposta sottolinea gli sforzi in corso per semplificare il quadro di riferimento della CSRD e ridurre gli oneri per le imprese. In particolare, viene menzionata una proposta legislativa separata, presentata contestualmente, che mira a ridurre il numero di imprese soggette agli obblighi di rendicontazione obbligatoria di circa l’80%, escludendo le grandi imprese con un massimo di 1000 dipendenti e le PMI quotate.
In base a questa proposta parallela, gli obblighi di rendicontazione si applicherebbero solo alle grandi imprese con più di 1000 dipendenti (e che superano determinati sogli di fatturato o bilancio). Si propone inoltre uno standard proporzionato per l’uso volontario da parte delle imprese non soggette agli obblighi di rendicontazione obbligatoria, basato sullo standard VSME (Voluntary SME) sviluppato dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). La Commissione intende adottare questo standard volontario tramite un atto delegato e, nel frattempo, emanare una raccomandazione sulla rendicontazione di sostenibilità volontaria basata sullo stesso standard.
Un altro elemento chiave della semplificazione riguarda il rafforzamento e l’estensione della “clausola di salvaguardia della catena del valore” (value-chain cap). Questa clausola, già presente nella CSRD, stabilisce che gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) non possono imporre obblighi di informativa che richiedano alle imprese di ottenere dalle PMI nella loro catena del valore informazioni superiori a quelle che le PMI quotate dovrebbero divulgare secondo lo standard proporzionato. La proposta estende questa protezione a tutte le imprese con un massimo di 1000 dipendenti e definisce il limite in base allo standard volontario adottato dalla Commissione. Infine, si prevede di non introdurre standard di rendicontazione settoriali, evitando un aumento del numero di dati prescritti che le imprese dovrebbero comunicare. La Commissione si impegna inoltre ad adottare senza indugio un atto delegato per rivedere il primo set di ESRS, con l’obiettivo di semplificare e razionalizzare gli standard, ridurre il numero di dati obbligatori, distinguere meglio tra dati obbligatori e volontari, chiarire le disposizioni ritenute poco chiare, migliorare la coerenza con altre normative UE e fornire istruzioni più chiare sull’applicazione del principio di materialità.
Le modifiche alla CSDDD
Per quanto riguarda la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), la proposta prevede un posticipo di un anno della prima fase di applicazione della direttiva.
Secondo le norme attuali, gli Stati membri avrebbero dovuto recepire la CSDDD entro il 26 luglio 2026. Il posticipo mira a fornire alle aziende del primo gruppo, che sarebbero state le prime a dover applicare i nuovi obblighi, più tempo per prepararsi e per tener conto delle linee guida che la Commissione emanerà sulle modalità pratiche di adempimento degli obblighi di due diligence.
Inoltre, considerando la proposta legislativa parallela volta a semplificare il quadro della sostenibilità, si propone di estendere di un anno, fino al 26 luglio 2027, il termine per il recepimento della CSDDD da parte degli Stati membri, per tener conto di eventuali ritardi dovuti alle possibili modifiche alla direttiva stessa.
La direttiva sulla due diligence sulla sostenibilità aziendale impone alle imprese di grandi dimensioni di identificare e affrontare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente nelle proprie operazioni, in quelle delle loro filiali e nelle loro catene del valore. Il posticipo dell’applicazione ritarderà l’attuazione di questi impatti positivi per il primo gruppo di aziende interessate. La proposta sottolinea che le imprese soggette agli obblighi di rendicontazione della CSRD non sono tenute dalla CSDDD a comunicare informazioni aggiuntive rispetto a quanto già richiesto dalla CSRD, mantenendo quindi la coerenza tra le due normative.
Il Pacchetto Omnibus II
Mentre il pacchetto Omnibus I interviene su due direttive, il Pacchetto Omnibus II, contenuto nel documento COM(2025) 84 final, è una proposta di regolamento che interviene su diversi regolamenti esistenti, con un focus primario sul potenziamento dell’efficienza della garanzia UE nell’ambito del programma InvestEU e sulla semplificazione degli obblighi di segnalazione.
Questa iniziativa si colloca nel contesto dell’importanza attribuita dalla Commissione agli investimenti in tecnologie e settori chiave per sostenere la competitività, in particolare alla luce delle limitate risorse finanziarie pubbliche. InvestEU è concepito come uno strumento versatile in grado di supportare investimenti in diverse aree politiche, in linea con le priorità evolutive dell’Unione. La valutazione intermedia del programma InvestEU, pubblicata nel settembre 2024, ha evidenziato la necessità di incrementare la capacità finanziaria del programma per il resto del periodo di programmazione e di ridurre l’onere amministrativo per i principali stakeholder. La valutazione ha inoltre raccomandato di garantire la continuità dei prodotti finanziari offerti al mercato.
La modifica del regolamento InvestEU
La proposta di modifica del regolamento InvestEU mira a consentire un utilizzo più efficiente delle risorse esistenti, incrementando l’ammontare della garanzia UE. Questo aumento è previsto per finanziare attività a più alto rischio a sostegno delle politiche prioritarie dell’Unione, come quelle delineate nella Bussola per la Competitività (che include le tecnologie digitali di frontiera) e nel Clean Industrial Deal. Si prevede che le modifiche proposte mobiliteranno circa 50 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati aggiuntivi. Viene inoltre rafforzata la possibilità per gli Stati membri di utilizzare i fondi in gestione concorrente, il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza o altri fondi di bilancio nazionali attraverso il comparto degli Stati membri di InvestEU, offrendo uno strumento finanziario aggiuntivo alle opzioni esistenti. Un elemento centrale di questo pacchetto è la semplificazione degli obblighi di segnalazione per InvestEU, per il FEIS e per gli strumenti finanziari preesistenti inclusi nei programmi di sostegno agli investimenti. L’obiettivo dichiarato è di contribuire al raggiungimento degli impegni della Commissione di ridurre l’onere amministrativo e gli obblighi di segnalazione di almeno il 25% per tutte le imprese e del 35% per le piccole e medie imprese. Si prevede che queste semplificazioni produrranno benefici significativi per i diversi attori coinvolti, inclusi i partner esecutivi, gli intermediari finanziari e i beneficiari finali. Le misure di semplificazione includono la riduzione della frequenza di presentazione dei rapporti, la rimozione dell’obbligo per i partner esecutivi di produrre una relazione annuale sugli ostacoli agli investimenti, la riduzione del numero di elementi da segnalare per le operazioni di piccola entità (non superiori a 100.000 EUR) e l’adeguamento dell’applicazione della definizione di PMI. In particolare, per le operazioni di finanziamento o investimento di importo non superiore a 100.000 EUR a favore dei beneficiari finali, i partner esecutivi saranno esentati dalla segnalazione di alcuni indicatori chiave di performance e monitoraggio. Per quanto riguarda il FEIS, la frequenza di presentazione dei rapporti da parte della BEI alla Commissione è ridotta da semestrale ad annuale e l’obbligo di segnalare gli ostacoli agli investimenti viene eliminato.
La proposta introduce anche modifiche volte a incrementare l’attrattività del comparto degli Stati membri di InvestEU. Viene introdotto uno specifico “strumento finanziario InvestEU” implementato nell’ambito di questo comparto, che consente agli Stati membri di contribuire con risorse provenienti dai fondi a gestione concorrente o con ulteriori importi per sostenere operazioni di finanziamento e investimento nel proprio territorio. La contribuzione a questo strumento finanziario sarà subordinata alla conclusione di un accordo di contribuzione tra lo Stato membro e la Commissione. Le modifiche apportate mirano inoltre a facilitare la combinazione del sostegno fornito dalla garanzia UE nell’ambito di InvestEU con il sostegno fornito da altri strumenti finanziari dell’Unione, come il meccanismo per collegare l’Europa (CEF) e Orizzonte Europa. Ciò consentirà di creare sinergie e di massimizzare l’impatto degli investimenti a sostegno delle priorità politiche dell’UE.
I prossimi step
Come abbiamo evidenziato, i due pacchetti Omnibus – sia la proposta di direttiva COM(2025) 80 final che la proposta di regolamento COM(2025) 84 final – sono appunto delle “proposte” della Commissione europea e come tali devono attraversare il processo legislativo ordinario comunitario per diventare operativi.
L’iter legislativo ordinario europeo prevede generalmente le seguenti fasi:
- Proposta della Commissione: La Commissione europea presenta la sua proposta al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea.
- Prima lettura al Parlamento europeo: Il Parlamento esamina la proposta e può approvarla, modificarla o respingerla.
- Prima lettura al Consiglio: Se il Parlamento approva o modifica la proposta, essa viene trasmessa al Consiglio, che a sua volta può approvarla, modificarla o respingerla. Se il Consiglio approva la posizione del Parlamento, l’atto è adottato. Se il Consiglio modifica la posizione del Parlamento, la proposta emendata viene rinviata al Parlamento.
- Seconda lettura al Parlamento europeo: Il Parlamento esamina gli emendamenti del Consiglio e può:
- Approvare gli emendamenti del Consiglio, nel qual caso l’atto è adottato.
- Respingere gli emendamenti del Consiglio, nel qual caso l’atto non è adottato e viene convocato un comitato di conciliazione.
- Adottare nuovi emendamenti, nel qual caso la proposta ulteriormente emendata viene rinviata al Consiglio.
- Seconda lettura al Consiglio: Il Consiglio esamina i nuovi emendamenti proposti dal Parlamento. Se il Consiglio approva tutti gli emendamenti del Parlamento, l’atto è adottato. Se il Consiglio non approva tutti gli emendamenti del Parlamento, viene convocato il comitato di conciliazione.
- Comitato di conciliazione: Questo comitato è composto da un numero uguale di rappresentanti del Parlamento e del Consiglio e ha lo scopo di raggiungere un accordo su un testo comune.
- Terza lettura al Parlamento europeo e al Consiglio: Se il comitato di conciliazione raggiunge un accordo su un testo comune, questo deve essere approvato sia dal Parlamento che dal Consiglio in una terza lettura. Se una delle due istituzioni non approva il testo, l’atto non è adottato.
- Adozione e pubblicazione: Una volta approvato da entrambe le istituzioni, l’atto legislativo viene adottato e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, entrando in vigore alla data specificata nell’atto stesso o venti giorni dopo la pubblicazione.
Nel caso della direttiva, i Paesi membri devono poi adottare dei provvedimenti di recepimento.
Il processo può sembrare molto lungo, ma l’idea della Commissione è di chiudere tutto in tempi brevi, tant’è che nel Pacchetto Omnibus I, a proposito delle tempistiche per il recepimento di queste direttive, si dice che gli Stati membri “dovranno adottare e pubblicare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a questa direttiva al più tardi entro il 31 dicembre 2025“.
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