800 mila milioni – La Voce dei Berici


Questa volta Salvini, Conte e Schlein si sono trovati d’accordo. Un mezzo miracolo. I tre leader politici hanno criticato apertamente e con parole simili il piano di riarmo dei Paesi Europei (dal nome inequivocabile di ReArm Europe) approvato a Bruxelles.

La cifra sul piatto è stratosferica: 800 miliardi, cioè 800 mila milioni di euro. Difficile anche solo da pensare. Pari circa a quanto stanziato nel 2021 con il piano Next GenerationEU per sostenere assistenza sanitaria, istruzione e ripresa lavorativa dopo la pandemia di Covid (sotto forma di prestiti agevolati e con tributi a fondo perduto), ma in questo caso per la maggior parte a carico dei singoli Stati europei che vedranno così un ulteriore e preoccupante indebitamento. Una cifra superiore a quella del PIL della maggioranza degli Stati del mondo: solo una ventina di Paesi su 205 arrivano a produrre in un anno una ricchezza simile o superiore a questa e per una settantina dei Paesi più poveri, dove si muore di fame e mancanza di cure mediche, l’intero prodotto interno lordo non arriva neppure al 5% di tale cifra.

800 miliardi di euro da investire in produzione e acquisto di armi (ritenuti tra l’altro – diabolicamente – un possibile formidabile volano per le nostre economie occidentali) sono, innanzitutto, davanti ai poveri della terra un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio. Ma oltre a tale considerazione sull’entità e l’immoralità degli investimenti previsti, il riarmo dei singoli Paesi Europei attraverso fondi comunitari (perché in realtà di questo si tratta, essendo ancora molto lontana la nascita di un esercito europeo) pone interrogativi radicali su ciò che l’Unione Europea sta diventando e apre prospettive inquietanti sul futuro dell’intera umanità.

La corsa agli armamenti ha sempre portato all’accendersi di conflitti devastanti e, date le tecnologie di cui oggi disponiamo, dovrebbe essere evidente a tutti che non possiamo proprio permetterci un nuovo conflitto su scala mondiale. Questa scelta dell’Unione Europea, davanti al pericolo rappresentato dalla Russia e all’inedito incrinarsi dei rapporti con gli Stati Uniti, appare davvero sconsiderata, nonché un tradimento del sogno originario. L’anima del progetto europeo, nell’ideale dei padri fondatori De Gasperi, Adenauer e Schuman, non era quello di un’Unione che andasse a competere con le altre superpotenze militari, ma di una forza di pace fondata sul diritto, il multilateralismo, la diplomazia, i liberi mercati e l’assistenza umanitaria.

Davvero vogliamo sacrificare tutto questo in nome del feticcio idolatrico della “sicurezza” o per paura dei dazi statunitensi? Non pare inoltre secondario chiederci quale sia in tu o ciò la reale volontà dei cittadini europei. Se l’UE vuole rimanere un’istituzione democratica, decisioni di tale portata dovrebbero prevedere anche un’ampia consultazione popolare. E per non essere tacciati di idealismo, vale la pena ricordare come i padri fondatori dell’Unione Europea avessero previsto fin dagli anni ’50 la nascita di un esercito europeo: la costituzione di una “comunità europea di difesa”, ispirata da quella volontà di pace e stabilità internazionale che è e deve restare a fondamento dell’Unione.

I mutati rapporti con gli Stati Uniti e la Nato fanno pensare che potrebbe essere effettivamente giunto il momento di costituire una forza europea di difesa, a servizio dei principi originari e irrinunciabili dell’Unione: cosa ben diversa dal riarmare fino ai denti i singoli paesi membri.

Pare allora più di una mera coincidenza la conclusione, proprio in questi giorni, della prima fase del processo di beatificazione di Alcide De Gaspari, che sosteneva: “Il futuro non verrà costruito con la forza, nemmeno con il desiderio di conquista, ma attraverso la paziente applicazione del metodo democratico, lo spirito di consenso costruttivo e il rispetto della libertà”. Un’indicazione chiara, in questo frangente, anche da parte della Chiesa.

 

Alessio Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it

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