Il futuro della medicina è sempre più tech. Se negli ultimi decenni l’ingegneria biomedica ha aperto nuove frontiere per la diagnosi e la cura delle malattie, il passo successivo “non può che essere la salute globale: un approccio sistemico per trasformare i servizi sanitari su scala internazionale. Anche grazie all’AI”. Ne è convinto Leandro Pecchia, alla guida del Laboratorio di Tecnologie Intelligenti per la Salute e il Benessere e dell’Osservatorio su Scienze e Tecnologie per la Salute Globale.
A margine dell’evento EmTech organizzato da MIT technology review nell’ateneo romano lo scienziato, docente di Ingegneria Biomedica all’Università Campus Bio-Medico di Roma, illustra a Fortune Italia i cinque progetti su cui è al lavoro e che coniugano AI e medicina. Fra questi anche ‘Grace’ per la gestione avanzata dello scompenso cardiaco.
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Lavori in corso: da dove arrivano i finanziamenti
Le ricerche del suo laboratorio e dell’osservatorio sono supportate da una solida rete di finanziamenti. “Il 40% dei fondi – spiega Pecchia – proviene dalla Commissione Europea, il 20% dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), il 10% da investitori privati, il 5% dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), e il restante 25% da Intesa Sanpaolo”. Intesa ha anche finanziato la cattedra di Pecchia, permettendone il rientro in Italia nel 2022 dopo anni di esperienza internazionale tra Oms e Regno Unito.
I robot amici della salute
Nel corso dell’evento, Pecchia ha presentato alcuni dei robot alleati della salute: Frakie, il ‘lupo di Odino’ che aiuta a combattere le infezioni che si sviluppano all’interno degli ospedali; Thiago, un robot umanoide dotato di sensori, telecamere e bracci meccanici, impiegato in contesti sanitari e domestici per trasportare medicinali, organi e materiali delicati; e Hosbot utilizzato nei servizi di logistica ospedaliera.
Dalla prevenzione alla cura: le priorità dell’AI
“L’innovazione sanitaria – sottolinea lo scienziato – non deve limitarsi alla cura delle patologie, ma deve mettere al centro la prevenzione e la diagnosi precoce. L’obiettivo è sviluppare soluzioni tecnologiche avanzate che rafforzino i servizi sanitari, rendendoli più accessibili ed efficienti”. E, magari, anche più sostenibili. Attualmente il team di Pecchia sta lavorando a cinque grandi progetti:
ENKORE: per la riduzione dell’impatto ambientale del settore MedTech e farmaceutico;
GRACE: per la gestione avanzata dello scompenso cardiaco, rafforzando il legame ospedale-territorio;
Afya Moja (“One Health” in swahili): per il potenziamento della capacità tecnologica e scientifica di 27 atenei africani;
EPoCA: sviluppo di un sistema point-of-care per la diagnosi di Ebola, grazie all’integrazione tra sensori al grafene e intelligenza artificiale;
Osservatorio sulla Salute Globale con Intesa Sanpaolo: promozione dell’adozione di tecnologie innovative nel Sistema Sanitario Nazionale.
Il ruolo dell’AI nella medicina del futuro
“L’uso dell’intelligenza artificiale (AI) nei progetti del laboratorio segue un principio chiaro: se possibile, si preferisce l’impiego di metodi meccanicistici o statistici per facilitare il processo di certificazione delle tecnologie. Tuttavia, quando necessario, si sfrutta l’AI in tutte le sue forme, dal machine learning al deep learning fino alla generative AI. L’obiettivo non è solo sviluppare nuove tecnologie, ma integrarle in dispositivi come robot e sistemi IoT, garantendo una loro applicazione efficace nei contesti clinici”, dice ancora Pecchia.
Terapie sempre più su misura
Insomma, l’esperto è convinto che nei prossimi anni l’AI trasformerà profondamente il modo in cui vengono effettuate diagnosi e terapie. “In particolare, renderà la diagnosi più accessibile e uniforme su tutto il territorio nazionale, colmando le disparità tra i diversi sistemi sanitari regionali. Attualmente infatti – spiega Pecchia – una delle sfide maggiori è la distribuzione disomogenea delle infrastrutture e del personale specializzato. Fino a quando queste carenze non saranno colmate, l’AI potrà sopperire potenziando le capacità diagnostiche, in particolare nella prevenzione primaria e secondaria”.
Per quanto riguarda le terapie, il discorso diventa più complesso. Il laboratorio di Pecchia sta lavorando su modelli predittivi che permettono di prevedere la risposta dei pazienti alle terapie personalizzate, con particolare attenzione all’oncologia e alle malattie rare come l’amiloidosi e le retinopatie rare. Obiettivo, ridurre al minimo gli effetti collaterali e massimizzare l’efficacia dei trattamenti.
Pecchia è un ‘cervello di ritorno’. Ma come giudica l’Italia della scienza vista dal Campus Bio-Medico? “A tre anni dal mio rientro, posso dire di aver trovato un ecosistema stimolante per l’innovazione in salute e benessere. Coniugando le migliori tecnologie disponibili con un approccio centrato sulla persona, la ricerca del laboratorio continua a tracciare la strada verso una sanita più equa, efficiente e sostenibile per tutti”, conclude. Un percorso lungo il quale la ricerca tricolore può fare la differenza.
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