«A settembre i primi test»


Si apre il dibattito sul nucleare di ultima generazione a Terni. A settembre, al “BIC” di Maratta, incubatore di imprese e start-up, prenderanno il via studi sui vettori energetici, tra cui il nucleare, l’idroelettrico e le nuove tecnologie legate alle batterie. «Tra siderurgia, chimica e piccole e medie imprese, il nostro è un territorio energivoro che ha bisogno di queste soluzioni, tra cui anche il nucleare di ultima generazione» dichiara al Messaggero l’assessore allo sviluppo economico di Palazzo Spada, Sergio Cardinali, sottolineando l’importanza di trovare risposte concrete per il fabbisogno delle industrie locali

Sebbene parlare della realizzazione di un impianto a Terni sia ancora prematuro, il Comune segue con attenzione l’evoluzione del quadro normativo nazionale. «Aspettiamo le indicazioni che arriveranno da Roma per capire quali saranno i criteri per la collocazione dei piccoli reattori modulari sui quali si basa il nucleare di nuova generazione» aggiunge l’assessore Cardinali. Non è un mistero che il sindaco Stefano Bandecchi si sia espresso più volte a favore dell’energia nucleare come soluzione per garantire l’indipendenza energetica e sottrarsi a dinamiche di mercato spesso penalizzanti. «Meglio l’indipendenza energetica che i ricatti» ha ribadito il primo cittadino, evidenziando le potenzialità della tecnologia nucleare per supportare il tessuto produttivo ternano, e quello italiano.
Si parla, è bene ricordare, del nuovo nucleare, che prevede l’installazione di moduli di piccole dimensioni, assolutamente sicuri, come ha spiegato il ministro dell’ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, in occasione della presentazione del provvedimento per reintrodurre in Italia la produzione di energia elettrica da nucleare.
Due fattori chiave potrebbero rappresentare il vero valore aggiunto di Terni in questo contesto: il capitale umano e quello tecnico-industriale. Il primo è incarnato dalla figura di Franco Cotana, professore ordinario di Fisica Tecnica Industriale all’Università di Perugia, il cui lavoro ha contribuito alla stesura della legge delega approvata dal Consiglio dei Ministri per la progettazione e realizzazione dei primi 25 impianti nucleari in Italia. Dall’altro lato, c’è il capitale tecnico-industriale rappresentato dalle Fucine di Ast-Arvedi, una realtà produttiva di eccellenza nella lavorazione dell’acciaio. Da anni, infatti, lo stabilimento ternano realizza componenti per le centrali nucleari, compreso il gigantesco fucinato da 5.000 tonnellate prodotto quattro anni fa, il più grande mai realizzato nella lunga storia delle Fucine. Questa competenza industriale potrebbe essere una risorsa strategica per il rilancio del nucleare in Italia.
Il dibattito sul nucleare si inserisce in un contesto più ampio di transizione energetica e innovazione tecnologica, con Terni che potrebbe giocare un ruolo di primo piano grazie alla combinazione tra sapere accademico e know-how industriale. «La sinergia tra ricerca e impresa potrebbe trasformare la città in un hub dell’energia, capace di attrarre investimenti e creare nuove opportunità occupazionali», conclude Cardinali.
La sfida è lanciata, il dibattito è aperto.
 

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