PIL: CRESCITA +0,9% IN 2025, RIPRESA RESTA FRAGILE


Il Pil italiano crescerà dello 0,9% nel 2025, in linea con le proiezioni diffuse dalla Banca d’Italia e leggermente superiore alla stima del Fondo Monetario Internazionale, che ha fissato la crescita al 0,7%, ma inferiore alla previsione della Commissione Europea, che si attesta invece all’1,4%.

È quanto prevede una analisi del Centro studi di Unimpresa che si basa su una valutazione complessiva del quadro economico nazionale e internazionale, caratterizzato da una ripresa ancora fragile, condizionata dall’elevata incertezza geopolitica e da un contesto monetario che potrebbe subire nuove tensioni a causa della traiettoria dei tassi di interesse.

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La ripresa, più nel dettaglio, sarà sostenuta dalla graduale ripresa dei consumi interni, grazie al calo dell’inflazione e al miglioramento del potere d’acquisto delle famiglie, favorito da un probabile taglio dei tassi di interesse da parte della Bce nella seconda metà del 2024. Resta però elevata l’incertezza legata alle tensioni geopolitiche internazionali, alla debolezza dell’export e ai rischi di una nuova impennata dei costi energetici.

Il mercato del lavoro dovrebbe mantenere una relativa stabilità, con un tasso di disoccupazione intorno al 7,4%. Il deficit è atteso in calo sotto il 3% entro fine 2025, mentre il rapporto debito/Pil dovrebbe ridursi al 139%. Un fattore chiave per la crescita sarà l’avanzamento degli investimenti legati al Pnrr, anche se i ritardi nell’attuazione dei progetti rappresentano una criticità.

«La ripresa resta fragile e condizionata da un quadro economico internazionale ancora incerto e da scelte di politica economica mirate a rafforzare la competitività del sistema produttivo italiano. Il quadro economico per il 2025 appare moderatamente positivo, ma ancora fragile e condizionato dall’evoluzione delle tensioni geopolitiche e dalle scelte di politica monetaria. Una crescita dello 0,9% rappresenta una stima realistica, che riflette sia le potenzialità di recupero della domanda interna, sia le persistenti vulnerabilità del contesto internazionale. La capacità di trasformare questa ripresa in un percorso di crescita stabile dipenderà in larga misura dalla coerenza e dall’efficacia delle politiche economiche adottate nei prossimi mesi. Per consolidare il percorso di crescita e rafforzare la competitività dell’economia italiana, sarà essenziale un quadro di stabilità politica e una strategia chiara di politica industriale, orientata alla transizione energetica e digitale, nonché al rafforzamento del sistema produttivo e del capitale umano» 

Secondo il Centro studi di Unimpresa, è prevedibile una crescita del Pil italiano pari allo 0,9% nel 2025, in linea con le proiezioni diffuse dalla Banca d’Italia e leggermente superiore alla stima del Fondo Monetario Internazionale, che ha fissato la crescita al 0,7%, ma inferiore alla previsione della Commissione Europea, che si attesta invece all’1,4%.

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Dopo una fase di stagnazione nel 2024, il sistema produttivo italiano dovrebbe beneficiare di un lieve recupero della domanda interna, sostenuto dal calo dell’inflazione e dalla graduale ripresa del potere d’acquisto delle famiglie, favorito anche dal probabile intervento della Banca centrale europea con un taglio dei tassi di interesse già nella seconda metà del 2024. L’ allentamento delle condizioni monetarie potrebbe generare un miglioramento della capacità di accesso al credito per le imprese, spingendo nuovi investimenti, soprattutto nel settore manifatturiero e nei servizi.

L’industria italiana, tradizionalmente trainante per la crescita economica, dovrebbe registrare un incremento dell’attività grazie alla stabilizzazione delle catene di approvvigionamento e a una minore pressione sui costi energetici, favorita dal rafforzamento della produzione energetica nazionale e da una maggiore diversificazione degli approvvigionamenti. L’export, tuttavia, resterà soggetto alle dinamiche globali, in particolare alla persistente debolezza della domanda cinese e alle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea, che potrebbero limitare le prospettive di crescita nei mercati extraeuropei.

Anche le turbolenze sul fronte mediorientale, con il rischio di un’escalation dei conflitti in corso, potrebbero tradursi in un aumento dei prezzi delle materie prime e in una nuova impennata dell’inflazione, frenando la ripresa. Sul piano interno, il mercato del lavoro dovrebbe mantenere una relativa stabilità, con un tasso di disoccupazione atteso intorno al 7,4%, mentre la crescita salariale, seppur contenuta, dovrebbe contribuire a sostenere i consumi privati.

La spesa pubblica, condizionata dalle politiche di bilancio restrittive imposte dal ritorno ai vincoli del Patto di stabilità europeo, limiterà il margine di manovra del governo, che dovrà puntare su misure mirate per sostenere la competitività delle imprese e stimolare gli investimenti privati. L’incertezza politica interna, con la possibilità di nuove tensioni nella maggioranza parlamentare, potrebbe rappresentare un fattore di rischio, soprattutto in vista dell’approvazione della prossima legge di bilancio.

Un elemento chiave per la crescita sarà rappresentato dalla realizzazione degli investimenti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il cui avanzamento procede a rilento, ma che potrebbe imprimere una spinta decisiva alla ripresa, soprattutto attraverso interventi infrastrutturali e di digitalizzazione. Tuttavia, il rischio di ritardi nell’erogazione dei fondi europei resta elevato, a causa delle difficoltà burocratiche e della complessità nell’attuazione dei progetti previsti.

L’inflazione, che nel 2024 dovrebbe attestarsi intorno al 2,5%, è prevista in ulteriore calo nel 2025, stabilizzandosi al di sotto del 2%, in linea con l’obiettivo della BCE. Questo contribuirà a preservare il potere d’acquisto delle famiglie e a favorire una maggiore propensione al risparmio, che potrebbe tradursi in una nuova disponibilità di capitali per il sistema bancario e per le imprese.

La finanza pubblica italiana resta sotto pressione, con un rapporto debito/Pil previsto in lieve calo al 139%, ma ancora tra i più alti dell’area euro. Il deficit, stimato al 4,3% nel 2024, dovrebbe scendere sotto il 3% entro la fine del 2025, grazie alla combinazione di una maggiore crescita economica e di un rafforzamento delle entrate fiscali, sostenute dalla ripresa dell’attività economica e da un recupero della base imponibile. Tuttavia, l’andamento della spesa previdenziale e l’aumento degli interessi sul debito rappresentano una criticità strutturale che limiterà ulteriori margini di manovra per il governo.

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