John Elkann diventa… banchiere. Una mossa che non lo spinge fuori dal settore automotive, per quanto la sua natura e il suo modo di fare business siano più da finanziere che da industriale. Si tratta infatti di una parte della nuova strategia tesa a risollevare Stellantis sul mercato americano, un piano che ha preso corpo a cavallo dell’elezione del presidente Donald Trump e che ha dietro rapporti e intrecci con il presidente stesso e il suo entourage.
È dell’11 febbraio – Trump si è insediato alla Casa Bianca il 20 gennaio – la presentazione di una domanda, da parte di Stellantis, per costituire una banca industriale: istanza depositata presso lo Utah Department of Financial Institutions. Secondo Autofinance News, la denominazione sarebbe Stellantis Bank USa e la domanda è in attesa di approvazione da parte della Federal Deposit Insurance Corporation. Ma che cos’è una banca industriale?
Negli Stati Uniti si definiscono Industrial loan companies, o ILC. In pratica le banche industriali sono società di servizi alle imprese di natura finanziaria. Per fare un esempio: in Italia Stellantis aveva FCA Bank (poi ceduta interamente al Credit Agricole) che gestiva tutte le pratiche di finanziamenti e prestiti del Gruppo. Negli Stati Uniti, però, le ILC si distinguono perché consentono di accettare depositi, necessari a erogare i finanziamenti, ma anche di emettere carte di credito.
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Oltre a Stellantis, anche Ford e General Motors hanno presentato la loro domanda, mentre BMW e Toyota già le hanno. Le ILC sono interessanti per i costruttori sia per il loro statuto normativo, sia per la possibilità di erogare finanziamenti ai clienti (proprio con l’emissione di carte di credito per l’acquisto di automobili) sia agli associati, come per esempio i concessionari d’auto, che utilizzerebbero quei fondi per l’acquisto delle scorte (da Stellantis). E solo alcuni stati ne consentono la costituzione, tra questi proprio lo Utah, ma anche Nevada e Ohio. L’amministrazione Trump, inoltre, vede di buon occhio le ILC, già dai tempi del primo mandato del tycoon.
Il mercato USA è quanto mai cruciale per Stellantis, che nel 2024 ha lasciato sul terreno il 14,3% di vendite in meno rispetto al 2023 ed è stata questa situazione a costare il posto al ceo Carlos Tavares. John Elkann, alla guida del cda a interim, ha immediatamente risposto alla nuova era Trump con due incontri con il neopresidente (e 2 milioni di dollari per la cerimonia di insediamento) e con l’annuncio di investimenti per 5 miliardi di dollari per riaprire e rilanciare gli stabilimenti americani.
Elkann, con gli analisti, ha detto poi pubblicamente di sostenere il piano di rilancio dell’automotive USA, il Transportation Freedom Act del senatore dell’Ohio Bernie Moreno, ex titolare di un impero di concessionarie d’auto (Mercedes), trumpiano convinto, avversario nelle corse alle nomination per il seggio e poi collaboratore e alleato di JD Vance, oggi vicepresidente USA (e la cui moglie, Usha Chilukuri, è a Torino in questi giorni). In passato Moreno – che pur credendo “che la scelta derivi dal mercato” ha nel suo piano la limitazione dell’avanzata cinese e dei veicoli elettrico – ha duramente attaccato Stellantis, chiedendo al Gruppo di “restituire i marchi americani”. Durante la sua corsa al seggio dell’Ohio, poi, si muoveva a bordo di una Jeep Grand Wagoneer. E, come riferiscono i media USA, ha incontrato sia John Elkann stesso sia Antonio Filosa, coo per le Americhe e, a detta di molti, prossimo ceo del Gruppo.
Per il momento la politica di Elkann ha portato la concessione di una sospensione per due mesi, da parte di Trump, dei dazi sui veicoli prodotti in Messico e Canada, mentre il piano del senatore Moreno include un superamento delle politiche sui limiti di CO2, cosa che dovrebbe contribuire a rilanciare anche i tradizionali motori endotermici. E far ripartire il motore a stelle e strisce di Stellantis.
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