Alla vigilia della Festa della donna, i vertici di Conflavoro fanno un bilancio delle aziende in Italia
«Sono 1,3 milioni le imprese femminili in Italia, pari al 22,2% del totale, e danno lavoro a 4,7 milioni di cittadini generando un fatturato tra i 200 e i 240 miliardi di euro, ossia il 10-12% del Pil nazionale. Tuttavia, il divario economico rispetto alle imprese maschili è del 60%, a dimostrazione che resta molta strada ancora da percorrere». Lo sostiene Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro, alla vigilia dell’8 marzo, Festa della donna, presentando i dati elaborati dal centro studi dell’associazione, diretto da Sandro Susini. Conflavoro è la principale associazione datoriale che tutela e promuove gli interessi delle piccole e medie imprese italiane: le aziende associate sono oltre 80mila. Che la situazione del gender gap sia preoccupante lo conferma l’Inps: in Italia (secondo il rendiconto di fine febbraio scorso) le donne hanno un tasso di occupazione di quasi 18 punti inferiore a quello degli uomini e quando lavorano hanno in media una retribuzione giornaliera di circa il 20% più bassa dei loro colleghi.
Le aziende al femminile nelle Regioni: prima la Lombardia
Secondo l’indagine di Conflavoro, intitolata «L’imprenditoria femminile in Italia tra crescita e ostacoli strutturali», il Sud Italia ospita mezzo milione di imprese femminili (37%), mentre la Lombardia guida la classifica con 182 mila aziende (15%), seguita da Lazio (147 mila; 10,4%) e Campania (137 mila; 10,1%). Queste tre regioni sono anche ai vertici in Europa, con la Lombardia prima assoluta (236 mila imprese femminili e lavoratrici autonome) e Lazio (194.500) e Campania (185 mila) nelle prime 10.
Le giovani donne stanno smettendo di fare impresa
Nonostante i numeri incoraggianti, che testimoniano anche la capacità delle imprenditrici italiane di competere su scala internazionale, purtroppo le giovani donne stanno smettendo di fare impresa – è stato fatto notare dalla ricerca – influenzate da ostacoli strutturali come l’accesso al credito e la conciliazione vita-lavoro. Il 48% delle imprese femminili è guidato da over 50, il 38% da 35-49enni e solo il 14% da under 35. «Sostenere le donne imprenditrici non è più solo una questione di giustizia sociale – sottolinea Capobianco – ma anche una priorità economica e di futuro del Paese. Non l’8 marzo, ma sempre».
La scelta tra carriera e maternità
Pensieri condivisi da Laura Baldi, presidente di Conflavoro Impresa Donna, che aggiunge: «Le imprenditrici italiane sono una risorsa fondamentale per il Paese, creano valore e occupazione. Conciliare responsabilità aziendali con quelle familiari resta però una sfida. Molte donne imprenditrici devono scegliere tra la carriera e la maternità, tra la carriera e la vicinanza ai figli minori o a parenti non autosufficienti. Ogni anno ciò provoca la chiusura di circa 3.200 imprese femminili. C’è un forte bisogno di politiche di tutela e sostegno». «Noi, insieme alle altre associazioni del Comitato Impresa Donna del ministero delle imprese e del made in Italy (Mimit) presieduto da Valentina Picca Bianchi, stiamo lavorando proprio per garantire che anche le imprenditrici abbiano gli stessi diritti delle lavoratrici dipendenti – precisa Baldi -. Un percorso non facile, ma giusto e che, sono certa, porterà importanti risultati».
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