6 Marzo 2025
di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Sesto taglio consecutivo da 25 centesimi del costo del denaro in 9 mesi da parte della Bce, che porta così i tassi di interesse su depositi, operazioni di rifinanziamento principali e marginale rispettivamente al 2,50, 2,65 e 2,90%, con effetto dal prossimo 12 marzo.
Il Consiglio direttivo ha nuovamente corretto al ribasso le proiezioni di crescita economica nell’Eurozona (sebbene queste siano da rivalutare alla luce dei recenti annunci dell’Ue sull’aumento della spesa per difesa e infrastrutture), mentre ha rivisto al rialzo l’inflazione complessiva per il 2025, portandola al 2,3% a causa della “più vigorosa dinamica dei prezzi dell’energia“; le stime per 2026 e 2027 restano a 1,9 e 2%. La riduzione del costo del denaro “rende meno onerosi i nuovi prestiti a imprese e famiglie e il credito accelera – si legge nello statement –, al tempo stesso l’allentamento delle condizioni di finanziamento è contrastato dai passati rialzi dei tassi che si stanno ancora trasmettendo ai crediti in essere, e il volume dei prestiti resta nel complesso contenuto“.
Ma se a gennaio ci aspettavamo tutti che le sforbiciate di Francoforte sarebbero proseguite sino a fine anno, in pochi giorni abbiamo capito che con Donald Trump alla Casa Bianca di doman non v’è certezza: le dichiarazioni del presidente Usa sui dazi commerciali all’Europa, e le provocazioni su Ucraina e Gaza, hanno aumentato a dismisura le incognite a livello globale.
L’approccio step by step guidato dai dati e senza vincoli di percorso, è infatti ribadito da Francoforte “soprattutto nelle attuali condizioni caratterizzate da crescente incertezza“. “Nelle condizioni in cui siamo non sarebbe responsabile fare altro, perché da un giorno all’altra le cose cambiano sensibilmente” ha affermato la stessa presidente Christine Lagarde, in conferenza stampa, sostenendo che un’escalation delle tensioni commerciali frenerebbe export e investimenti.
Fino a qualche settimana fa parlavamo di futures sull’Euribor a 3 mesi, che prospettavano una continua e progressiva discesa dell’indice fin sotto il 2% a dicembre 2025, per poi stabilizzarsi nel 2026. Contemporaneamente, s’intravedeva un tasso medio sul credito al consumo che poteva attestarsi al 7,65%. I comparatori online erano lanciati in calcoli su quante decine di euro avrebbero risparmiato i mutuatari sui rimborsi rateali. Purtroppo è bastato un mesetto per comprendere che, almeno per i prossimi 4 anni, gli imprevisti saranno all’ordine del giorno sui mercati finanziari e, dall’altra parte dell’Atlantico, arriveranno a pesare anche sul nostro business del credito.
Peccato perché anche l’ultima Mappa 2024 di Mister Credit, basata sui dati Eurisc di Crif, segna +12,8% annuo di italiani con credito attivo (oltre il 59,1% della popolazione residente) e -9,8% di indebitamento medio, con l’importo residuo per l’estinzione calato a 31.653 euro. Oggi i mutui immobiliari incidono sul 23,5% (-1,1%) del totale dei finanziamenti in essere, per una rata media mensile di 591 euro (-1,2%); i prestiti personali sfiorano il 29% (+1,6%), con rata media di 252 euro (+1,4%); i prestiti finalizzati nel loro complesso stabili a quasi al 50%, con rata di 134 euro (+1,2%). Al primo posto troviamo le spese per la casa (34%), seguite da mezzi di trasporto (30%) ed elettronica/elettrodomestici (21%). Insomma, negli ultimi 12 mesi i finanziamenti retail ha mostrato una ripresa in Italia, e a cavallo del 2025 anche l’erogato corporate aveva iniziato a rialzare la testa.
Sempre oggi l’ufficio studi della Fabi ha diffuso un report che – pur nelle differenze con il rapporto Crif – nella seconda metà del 2024 registra comunque, in coincidenza con la politica espansiva della Bce, un aumento del volume di mutui pari a 5,3 miliardi di euro (+1,3% s/s), per un ammontare di 426,1 mld al 31 dicembre (di cui circa un terzo a tasso variabile) divisi tra 3 milioni e mezzo di clienti. Il credito al consumo è salito di oltre 3 miliardi (+2,6%) a 126,1 mld, compensando la flessione di 4,8 miliardi. dei prestiti personali (-4,1%, voce che contempla le richieste senza una finalità dichiarata), a 115,6 mld. Nel bilancio complessivo del 2024, il credito alle famiglie cala in tutto di 2,4 mld (-0,4% a/a), ma se si guarda alla finestra che va da giugno a dicembre, il saldo diventa positivo per 3,6 mld (+0,5%).
La prossima riunione della Bce è in agenda il 17 aprile, poco dopo l’annuncio dei dazi per il vecchio continente, e crescono i pareri degli analisti secondo cui potrebbe esserci un break nell’allentamento monetario: speriamo che, per allora, il tycoon si sia dato una calmata.
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