Aziende venete, dai treni all’alimentare: la Germania resta ancora un affare


di
Federico Nicoletti

L’ambasciatore: «Dazi, siamo sulla stessa barca». Dolcetta (Confindustria Vicenza): «Il rapporto coi partner tedeschi è una filiera eccezionale»

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Germania, si fa presto a dire crisi. C’è chi, come Faresin, ha appena spuntato una commessa d’oro nelle macchine movimento terra, e chi, come Clerprem, le conquista nelle ferrovie americane in rilancio, al traino dei grandi produttori tedeschi, come Siemens. Non c’è solo la caduta dell’export e l’automotive in crisi, nella tempesta perfetta della transizione elettrica, che scuote le certezze di un settore fondamentale anche per le Pmi nordestine. Perché l’industria tedesca, che cerca la via d’uscita dalle difficoltà, ad esempio con gli altri veicoli, dal ferroviario al militare, con il medicale e il chimico-farmaceutico, resta un riferimento per la manifattura veneta.

I faccia a faccia con le imprese

Lo si è capito venerdì mattina in Confindustria Vicenza, al convegno di Ahk, la Camera di commercio italo-tedesca, seguito nel pomeriggio da 25 incontri faccia a faccia con le imprese in cerca di business e partnership. Una discesa in forze, guidata dall’ambasciatore in Italia, Hans-Dieter Lucas, per serrare i ranghi con le imprese a Nordest, nella nuova fase che segue alle elezioni tedesche di domenica scorsa. Il timore strisciante è che i sei trimestri di recessione, con la discesa dei fatturati e dell’occupazione nell’industria, le esportazioni verso la Germania in calo, del 6,7% nei primi nove mesi nel caso del Veneto, da 8,5 a 7,9 miliardi di euro, minino la visione consolidata della Germania come partner di ferro. 




















































«Valore da tutelare»

«Due Paesi un solo ecosistema industriale», come l’ha definito Sebastian Euchenhofer, capo dello sviluppo del business di Ahk Italia. «Lo stretto rapporto tra Veneto e partner tedeschi è una filiera eccezionale, in cui ogni parte crea valore per l’altra: un valore da tutelare, che deve dare una spinta per affrontare il momento d’incertezza», ha aggiunto il vicepresidente di Confindustria Vicenza, Giovanni Dolcetta. Per parte, sua l’ambasciatore Lucas ha riassunto le prospettive per le imprese venete dal quadro che esce dalle elezioni e dalle trattative per formare il nuovo governo: «In tempi d’incertezza per l’Ue dobbiamo essere compatti. La Germania vuole assumere il proprio ruolo in Europa, anche perché il rapporto con gli Stati Uniti sta cambiando». E ancora: «Nel dopo-elezioni mi attendo continuità nella cooperazione strategica tra Germania e Italia, che devono lavorare a stretto contatto per rilanciare la competitività. E rispetto al rischio dazi Italia e Germania sono sulla stessa barca». E poi ci sono le possibilità di collaborazione tra imprese su difesa e aerospazio: «Una Germania di nuovo forte punta a diventare locomotiva della crescita», ha concluso Lucas.

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Gli esempi: i sollevatori telescopici

Per parte loro, le imprese venete continuano a guardare alla Germania come a un mercato e a un sistema industriale centrali. Lo hanno mostrato i casi presentati al convegno. «La Germania (vale il 10% dei 100 milioni di ricavi 2024, ndr) è il nostro mercato più importante nelle macchine per zootecnia. Abbiamo aperto due filiali in Baviera e Bassa Sassonia, attive su vendite, ricambi e assistenza post-vendita. È fondamentale presentarsi con tecnologia, flessibilità e mantenere quello che si promette», ha detto Silvia Faresin, vicepresidente della vicentina Faresin Industries, attiva anche nelle macchine movimento terra. Dove ha appena chiuso un rilevante accordo di fornitura sui sollevatori telescopici, con Zeppelin, importatore tedesco di Caterpillar da 3 miliardi di ricavi: «Abbiamo battuto concorrenti tedeschi e italiani nella fornitura di sei modelli, a loro marchio, con motori sia endotermici che elettrici – ha detto Faresin -. La produzione è già iniziata».

Il settore ferroviario

E poi c’è Clerprem, l’azienda vicentina dei braccioli e sedili per auto, ma anche per treni, 160 milioni di euro di ricavi totali, che ha fatto nel rapporto con Volkswagen, nel nuovo millennio, e con i colossi ferroviari come Siemens la base per la sua crescita. Con uno stabilimento ferroviario ex Ddr acquisito nel 1991 vicino a Dresda; e poi con quelli realizzati in Tunisia e Messico per l’automotive e negli Usa per servire i clienti ferroviari tedeschi, lanciati nel rilancio del settore ferroviario negli Usa: «Per noi la Germania è stata un trampolino di lancio», ha detto il presidente, Gian Roberto Marchesi.

Poi l’azienda del food Pedon, che nel 2020 ha rilevato un’impresa fornitrice in crisi a Brema, facendola diventare la base di lancio per l’espansione in Europa dei piatti pronti: «Sono andato a parlare con i dipendenti – ha raccontato il presidente, Remo Pedon -, dicendo che avremmo conservato tutti i posti. Così è stato: li abbiamo conquistati». Infine la padovana Sirmax, con i suoi chip plastici destinati anche alla componentistica per gli interni auto. «La Germania è ovviamente fondamentale», ha raccontato Marco Girardello, responsabile delle vendite nel settore automotive. Settore in crisi, ma dove l’azienda padovana guadagna spazi con le plastiche riciclate, richieste nei nuovi progetti.

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1 marzo 2025

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